Pena di morte, l'Unione europea
ritira la risoluzione presentata all'Onu
da Il Giornale di Sicilia del 17.11.99 NON È un fatto del tutto negativo che l'Unione Europea abbia
deciso di abbandonare la battaglia alle Nazioni Unite non presentando la
proposta di moratoria sulla pena di morte nel 2000. La motivazione è
che non si possono accettare modifiche tali da snaturare il significato
del documento originale. Sulla moratoria _ auspicata con forza dal Papa
e dal Presidente Ciampi _ i paesi dell'UE avevano giocato tutta la loro
credibilità e forse hanno peccato di eccessivo ottimismo. Come è
stato possibile pensare che paesi come Stati Uniti, Cina, Giappone, Iran,
Iraq e Arabia Saudita potessero accettare supinamente la volontà
dell'Europa (che da anni ha abolito la pena di morte) e di altri paesi
minori? L'errore del nostro ministro degli Esteri (che viene ora criticato
da tutte le organizzazioni umanitarie, da Amnesty a Nessuno tocchi Caino
alla Comunità di Sant'Egidio) è stato di non avere costruito
in tempo utile una strategia tendente, anche ad accettare compromessi,
pur di arrivare comunque all'obiettivo della sospensione della pena di
morte in tutto il mondo nell'anno del Giubileo. In realtà la diplomazia
italiana si è mossa in modo improvvisato e non sempre lineare soprattutto
al Palazzo di Vetro, dando luogo a discutibili comportamenti che hanno
indebolito il fronte dei paesi abolizionisti. Oggi di fronte al rischio
di 'annacquare' i contenuti della moratoria la clamorosa marcia indietro.
Come dire ci arrendiamo prima ancora di combattere. Sarebbe stata comprensibile
ad esempio una ritirata di fronte alla presentazione degli emendamenti
di paesi come Egitto e Singapore (manovrati abilmente dagli Usa e dalla
Cina in funzione anti UE). Ma invece nulla di tutto questo. Certo nei giorni
scorsi si avvertivano i pericoli che gli emendamenti di questi paesi avrebbero
potuto determinare. In primo luogo si sottolineava nella UE che la pena
di morte (anche se si decidesse di abolirla) sarebbe comunque un problema
di esclusiva competenza dei singoli stati e quindi non dell'Onu. I ministri
dell'UE hanno ritenuto prima ancora di ingaggiare la battaglia che se questo
principio fosse passato con un voto dell'assemblea delle Nazioni Unite
si sarebbe fatto un grande passo indietro, addirittura di decenni, non
solo sulla pena di morte ma su tutto il fronte della tutela dei diritti
umani. A questo punto non avrebbero avuto infatti alcun senso interventi
come quelli per il Kosovo, per Timor Est e altri paesi o territori del
mondo per ragioni umanitarie. Tutte le guerre (con i genocidi, stupri,
massacri, violenze ed esodi di popolazioni che spesso ne conseguono) che
abbiamo conosciuto, anche in questo scorcio di Novecento, sarebbero classificabili
semplicemente come conflitti interni (così come scandalosamente
sta avvenendo per la Cecenia) e quindi l'Onu non avrebbe più alcun
titolo per intervenire. Alla luce dunque di questi fatti non appare del
tutto negativa la decisione dell'UE di rinviare ad una prossima sessione
dell'Onu la discussione sulla moratoria. Non avendo messo a punto nei mesi
scorsi una strategia adeguata forse il tempo potrà aiutare a definire
meglio l'iniziativa europea. Piuttosto che rimanere sconfitti da un voto
è meglio _ hanno pensato i ministri UE _ battere in ritirata. Ma
forse bisognava attendere ancora, tentare il tutto per tutto. Anche perché
la posta in gioco è talmente alta che valeva la pena di insistere
sino alla fine magari sino a un minuto prima del voto. Ora non ci resta
che continuare a sperare confidando nella sensibilizzazione dell'opinione
pubblica e sperando che alla fine le ragioni dell'umanità prevalgano
sulle logiche dei dittatori, dei regimi autoritari e illiberali e su quelli
di chi (come gli Usa) pensano ancora che la sedia elettrica, l'iniezione
letale o la fucilazione servano a scoraggiare la criminalità. Troppi
studi (anche dell'Onu) ci hanno spiegato e confermato che la pena di morte
non ha alcuna incidenza sull'escalation della criminalità mentre
colpisce tanti innocenti compresi i bambini che in diversi paesi vengono
assassinati senza che si tenga alcun conto della loro tenera età.
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