Avvocati, le Finanze perdono in appello 

da Il Sole 24 ore del 19.10.99

(NOSTRO SERVIZIO)
CATANIA — Sul fisco telematico, il ministero delle Finanze incassa un secondo verdetto negativo. Anche il Consiglio di giustizia amministrativa ha infatti respinto il ricorso proposto dall’amministrazione finanziaria per chiedere l’annullamento dell’ordinanza del 14 luglio 1999 del Tar Sicilia che aveva riconosciuto il diritto anche degli avvocati tributaristi a potersi avvalere della telematica per trasmettere le dichiarazioni dei redditi al ministero delle Finanze contro il diverso parere dell’Ufficio Iva della città siciliana (si veda «Il Sole-24 Ore» del 24 luglio e dell’8 ottobre 1999). 

Il Consiglio di giustizia amministrativa, che si è pronunciato alla fine della scorsa settimana, rendendo noto solo il dispositivo ma senza le motivazioni, avrebbe in buona sostanza accolto la tesi sostenuta con dovizia di argomentazioni in fatto e in diritto dai tributaristi a condividere, assieme alle altre categorie professionali, il diritto ad avvalersi delle procedure informatiche per la trasmissione delle dichiarazioni dei redditi dei loro clienti al ministero delle Finanze.

L’amministrazione finanziaria, difesa dell’Avvocatura dello Stato, aveva chiesto la sospensione dell’ordinanza emessa dalla sezione catanese del Tar Sicilia facendo leva anzitutto sul fatto che l’esclusione dei tributaristi dalle categorie abilitate alla trasmissione dei dati per via telematica non è "irragionevole" ma prevista dalla legge e, in particolare, dall’articolo 7 del decreto legislativo 241/97, mentre l’articolo 3 del Dpr 322/98 non sarebbe altro che riproduttivo di questa norma. L’amministrazione finanziaria aveva inoltre sostenuto l’obiezione — non dimostrata — che solo le categorie individuate avrebbero una specifica competenza nella redazione delle dichiarazioni. Al contrario, i tributaristi catanesi difesi da Agatino Cariola e Peppino Valastro, hanno sostenuto — e i giudici amministrativi di Palermo sembrano aver pienamente condiviso — l’infondatezza del ricorso del ministero delle Finanze perché basato su una normativa sbagliata (l’articolo 7 del decreto legislativo è stato modificato sì dall’articolo 12 del Dpr 600/73, ma quest’ultimo a sua volta è stato abrogato dall’articolo 12, comma 9 del Dpr 322/98), oltre che irragionevole perché opera una discriminazione in violazione del principio costituzionale di eguaglianza con la tutela del lavoro professionale e con l’esigenza di assicurare le condizioni di una libera concorrenza tra tutti gli operatori del settore. I tributaristi hanno sostenuto inoltre che questa discriminazione li escluderebbe in modo arbitrario e incongruo dall’applicazione di una procedura telematica più efficiente e di qualità migliore con perdita di vantaggi per loro e i clienti.

Un profilo rilevante ai fini della definizione del giudizio sembra avere avuto la tesi riduttiva del ministero delle Finanze che avrebbe voluto limitare l’attività degli avvocati «alla difesa e alla rappresentanza in giudizio del cliente», ignorando le profonde trasformazioni che invece, sostengono i tributaristi investono anche le tradizionali professioni in virtù della complementarietà dei lavori e dei servizi richiesti dalle società tecnologicamente avanzate.

Giambattista Pepi