«Tolleranza
zero anche al Sud»
da Il Messaggero dell'1.3.99
di GIANFRANCO MANFREDI
REGGIO CALABRIA Non si può predicare il ”buonismo” di fronte
ad una criminalità sempre più spietata. Occorre ripristinare
la legalità e liberare il territorio dai criminali grandi e piccoli.
E risolvere la ”questione giustizia” con i suoi aspetti grotteschi: quelli
di giudici e poliziotti che annaspano con le leggi vigenti ma anche quando
individuano i responsabili dei delitti, i processi restano eterni, quelli
delle sentenze di condanna quasi mai seguite dalla regolare espiazione
della pena. Analisi e denunce si intrecciano nell’iniziativa ”Liberi dalla
criminalità” che ha impegnato per tre giorni il presidente di An,
Gianfranco Fini, in Campania, Sicilia e Calabria sul tema della legalità
e della sicurezza pubblica. La ”lettura” di fenomeni che opprimono innanzi
tutto intere regioni del Sud è strettamente correlata al lancio
di una proposta della destra che il leader di An non esita a definire ”centrale”:
«Una richiesta per noi tassativa: la certezza della pena, la fine
dell’impunità. Il modello Giuliani ”tolleranza zero” è questo
afferma (richiamandosi esplicitamente allo ”sceriffo” di New York Rudolph
Giuliani, n.d.r.) e noi vogliamo introdurlo anche in Italia».
Reggio e Gioia Tauro sono le due ultime tappe, dopo Napoli e Catania,
del viaggio di Gianfranco Fini nelle aree più a rischio del Sud.
A rischio di capitolazione di fronte ad una criminalità sempre più
agguerrita e che, pur colpita e ferita, mostra di sapere ancora condizionare
ed inquinare politica e pubblici poteri.
«Anche qui rimarca Fini si tratta di garantire il rispetto di
un principio: chi sbaglia deve pagare. Questo vuol dire certezza della
pena, fine dell’impunità, non tolleranza verso ogni forma di criminalità,
piccola o grande che sia». «In Calabria questo impegno prosegue
il presidente di An vuol dire tenere molto alta la guardia di fronte al
tentativo della criminalità di infiltrarsi nelle istituzioni, di
”contagiare” la politica. Lo dico non solo di fronte alla vicenda di Gioia
Tauro ma anche in riferimento a tutta una serie di fatti sintomatici e
preoccupanti che dimostrano quanto ancora la criminalità è
in grado di ”avvicinare” la politica».
Sulle infiltrazioni della ’Ndrangheta a Gioia Tauro, Fini cita un episodio
specifico, quello di un verbale del consiglio di amministrazione della
Medcenter, la società che gestisce lo scalo marittimo. Il 19 gennaio
scorso denunciava di aver tentato di allontanare un’agenzia marittima ”sospetta”
operante nel porto, «ma organismi statali, locali e nazionali rivela
Fini l’avrebbero favorita». E un’altra circostanza inedita: «Il
ministero dei Trasporti avrebbe ostacolato la possibilità del lavoro
interinale, utile per far cessare l’attività della società
in questione». «Chi è in grado di chiarire questi aspetti
lo deve fare rimarca Fini è interesse di tutte le forze politiche
oneste che si sappia di chi si parla in quel verbale».
Al capezzale del ”caso Calabria”, An (così come aveva fatto
a Napoli e Catania) ha chiamato esperti ed addetti ai lavori impegnati
in prima linea. Hanno risposto in tanti: dal presidente della Commissione
Antimafia, Ottaviano Del Turco, al questore di Reggio Franco Malvano, al
colonnello dei Ros dell’Arma, Giampaolo Ganzer, da un nutrito drappello
di magistrati al presidente del Consiglio regionale calabrese, Giuseppe
Scopelliti.
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