I patti in corso al 30 dicembre del 1998 sfuggono all’obbligo della forma scritta 

da Il Sole 24 ore del 20.4.99

Nell’articolo 1, comma 4, la legge 9 dicembre 1998, n. 431, pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» 792 del 15 dicembre 1998 ed entrata in vigore il 30 dicembre 1998, prevede che per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta. La disposizione fortemente innovativa non si applica alle locazioni in corso all’entrata in vigore della stessa legge (si veda il successivo articolo 14). Non si applica, altresì, nel caso che il rapporto locatizio sorto anteriormente si rinnovi tacitamente (articolo 2, comma 6), così entrando a far parte, con forma verbale, della prima tipologia del nuovo regime che prevede la durata di otto anni, salvo la disdetta motivata del locatore alla scadenza del primo quadriennio.
Va precisato che per quanto riguarda la rinnovazione tacita (con le modalità previste dall’articolo 2 e allo stesso canone precedente), il nuovo regime di proroga (otto anni salvo disdetta motivata) non si applica a quei contratti rinnovati la cui disdetta è scaduta prima dell’entrata in vigore della legge 431/78.
Per fare un esempio, qualora il termine per la disdetta è scaduto entro il 28 dicembre 1998 e il locatore non ha provveduto a inoltrarla entro tale termine, la locazione si è rinnovata con l’applicazione del vecchio regime con la conseguenza che la locazione rinnovata (anche quella derivante dai cosiddetti patti in deroga) dura solo quattro anni senza necessità di disdetta motivata alla scadenza.
La norma stabilita con l’articolo 2, comma 6, appare fortemente penalizzante per quei locatori la cui locazione è scaduta qualche giorno dopo l’entrata in vigore della legge 431/98.
Facciamo un esempio: il termine per la disdetta è scaduto il 2 gennaio 1999 e la locazione non è stata tempestivamente disdettata. In questo caso il locatore dovrà subire due situazioni per lui pregiudizievoli: la durata del contratto per otto anni e la corresponsione del precedente canone. In questa ipotesi, il locatore è penalizzato senza che abbia avuto nemmeno il tempo di consultare un legale (o un’associazione di categoria).
Alle vecchie locazioni (se così possiamo qualificare quelle anteriori alla legge 431/98) non si applica, quindi, la forma scritta nemmeno nel caso di rinnovazione tacita, anche se poi il regime applicabile è quello nuovo.
Va osservato che alle locazioni precedenti e, quindi, ai relativi provvedimenti di rilascio si applicano, invece, le disposizioni che vincolano gli sfratti (articoli 6 e 7) con sospensioni, proroghe e adempimenti (incostituzionali) di natura fiscale. Va, altresì, precisato che la forma scritta prevista ad substantiam è in vigore solo per le nuove locazioni per uso abitativo. Per gli usi diversi siffatta forma solenne non è prescritta, con evidenti possibilità di deroga o di elusione delle norme imperative in tema di abitazioni (come può accadere per le autorimesse, le pertinenze, i cantinati, i depositi eccetera).
La differente previsione legislativa (per le abitazioni e per gli usi diversi) condurrà a innumerevoli inconvenienti la cui portata non può per intero prevedersi.
Va ancora precisato che all’elemento costitutivo della forma non può abbinarsi, ai fini della nullità contrattuale, l’altro requisito della registrazione del contratto previsto con la disposizione di cui all’articolo 13 della legge 431/98 che stabilisce che «è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione a quello risultante dal contratto scritto e registrato». La nuova legge non prevede, infatti, la contestualità della registrazione e quindi sarà possibile sanare la prescritta nullità con la successiva registrazione della «controdichiarazione» scritta.
Mal formulata è, poi, la previsione legislativa (articolo 13, comma 5) che dispone una forma di «conversione giudiziaria del rapporto nullo» a opera del pretore. E infatti, nel caso che il locatore abbia preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto (senza forma scritta) il conduttore può chiedere l’accertamento del_l’esistenza del contratto di locazione e il pretore (al quale subentra il «giudice unico» dal 1º luglio 1999, salvo proroghe) determina il canone nella misura calmierata, senza però poter incidere sulla durata del contratto.
E nel caso che la locazione di fatto sia stata instaurata per volontà del conduttore, quale possibilità viene accordata al giudice? L’articolo 13 non sembra prevedere questa ipotesi nella «convalida giudiziale» dell’atto nullo, il rapporto, quindi, rimane di fatto e la sanzione a carico del solo locatore è costituita dalla restituzione dell’intero canone corrisposto, anche se il locatore potrà pretendere dall’«occupante di fatto» una indennità a titolo di indebito arricchimento, che risulterà quasi sempre inferiore al canone pattuito liberamente senza forma scritta.
a cura diMaurizio de Tilla