Salvaprocessi e 513: Diliberto lancia la sfida 

da Il Mattino del 20.2.99

MARIA PAOLA MILANESIO 
Doppio provvedimento per la prima volta del ministro della Giustizia, Oliviero Diliberto. Ieri il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a un decreto legge, già battezzato «salvaprocessi», e a un disegno di legge sul 513, i primi presentati dall’attuale Guardasigilli. Il quale, nella conferenza stampa a Palazzo Chigi, sprizza ottimismo per il clima migliore che si respira in Parlamento: «Si tratta di un fatto politico rilevante perché l’iniziativa è del governo che interviene su un tema auspicato anche dall’opposizione. C’è una logica costruttiva, di dialogo, impensabile fino a qualche tempo fa». Sensazione, questa, confermata dai giudizi positivi che vengono proprio dall’opposizione. Gli unici a restare in guardia sono i penalisti, pronti a tre giorni di sciopero (22-24 febbraio) e a un mese di astensione, solo per quei processi in cui si applichi l’attuale articolo 513 del codice di procedura penale (sul valore delle dichiarazioni rese in istruttoria e non ripetute in dibattimento). 
A Via Arenula, sede del ministero, si erano messi al lavoro da tempo. La Consulta fin da novembre - quando aveva bocciato in parte il 513 - aveva sollecitato il legislatore a intervenire. Ieri, la mossa di Diliberto, che ha presentato un testo (un ddl in due soli articoli che seguirà una corsia preferenziale in Parlamento), nel quale si stabilisce che le dichiarazioni degli imputati di reato connesso, anche se non confermate in aula, hanno valore probante solo se la loro attendibilità è verificata da elementi di prova di natura diversa. «Questo provvedimento ha oggettivamente carattere di provvisorietà, in attesa di una rimeditazione su questa questione da parte del Parlamento», ha spiegato Diliberto. In Senato, infatti, è in dirittura finale il provvedimento sull’introduzione nella Costituzione dei principi del giusto processo. Nel frattempo, però, il ministro spera anche nel consenso dei magistrati e degli avvocati. 
Ci sono altre due sentenze anche alla base del decreto legge, quattro articoli, che ha avuto il via libera da Palazzo Chigi. Con la prima, emessa dalle sezioni unite della Cassazione, si affidava alle Corti d’assise la competenza per i reati di rapina ed estorsione aggravata. Fatto, questo, che aveva preoccupato non poco i magistrati, timorosi che un sovraccarico di lavoro per le Corti d’assise, portasse a scarcerazioni di massa, soprattutto per i processi di criminalità organizzata. La seconda sentenza è, invece, della Consulta e riguarda l’interrogatorio di garanzia. Il testo presentato in Consiglio dei ministri opera, dunque, su due fronti. Nel primo caso, si è scelto di affidare ai tribunali i reati di rapina ed estorsione aggravata; la regola vale anche per i procedimenti in corso, purché non si sia ancora arrivati al dibattimento. Nel secondo caso, si estende fino all’apertura del dibattimento l’obbligo del giudice di interrogare un imputato che sia rinchiuso in carcere; finora, il limite scadeva con la chiusura delle indagini preliminari. Per i procedimenti già in corso, sono concessi venti giorni di tempo al giudice, pena l’estinzione della misura cautelare.