Giustizia, salvi i processi penali in corso

da La Gazzetta del Sud del 20.2.99

ROMA – Un decreto legge «salvaprocessi» e un disegno di legge sull'articolo 513 per intervenire sugli effetti di tre sentenze. Provvedimenti, in materia di giustizia, sono stati varati ieri dal Consiglio dei ministri. Il decreto legge interviene dopo due sentenze: la prima, quella delle sezioni Unite della Cassazione che aveva modificato le competenze del Tribunale e della Corte d'Assise con rischio di azzeramento dei processi penali in corso. La seconda è quella della Corte Costituzionale che riguardava l'obbligo del giudice di interrogare chi è stato arrestato nella fase degli atti preliminari del dibattimento, con il rischio di scarcerazione per molti imputati. Il ddl, che avrà una corsia preferenziale in Parlamento, recepisce le indicazioni della sentenza della Corte Costituzionale sul 513. Il ddl sul 513 dà attuazione alla sentenza della Consulta che, ripristinando il valore probatorio delle dichiarazioni non confermate dai coimputati ed entrate in dibattimento col meccanismo delle contestazioni, aveva chiesto al legislatore di intervenire. Diliberto ha rimarcato «il carattere di provvisorietà del provvedimento» per cui ha chiesto l'urgenza «in attesa di una complessiva rimeditazione del tema della prova in materia penale». Un ddl «molto snello», ha precisato Diliberto (si compone di due articoli) e «che viene incontro alle sollecitazioni degli operatori della giustizia», in particolare gli avvocati, pronti a un lungo sciopero proprio sul 513. Il decreto interviene invece su altre due sentenze. La prima è stata depositata mercoledì dalla Consulta e potrebbe portare alla scarcerazione di quegli imputati, già condannati, che sono stati arrestati nella fase precedente al dibattimento senza essere interrogati entro 5 giorni. Altro campo d'azione del dl è quello relativo ad un'altra sentenza della Cassazione (molto criticata dal procuratore capo di Palermo Giancarlo Caselli) che ha, di fatto, modificato le competenze del tribunali e delle corti d'assise, aggravando di lavoro queste ultime, e mettendo i reati a rischio di prescrizione. I processi penali in corso sono quindi salvi. Annullato il rischio di scarcerazioni. Con la prima parte del provvedimento, in cui si stabilisce che i tribunali e non le Corti d'Assise sono competenti per le rapine e le estorsioni comunque aggravate anche per i procedimenti in corso – si legge nella relazione che accompagna il decreto legge – si evita «l'immediato azzeramento di un rilevante numero di processi penali in corso per fatti di particolare allarme sociale e nello stesso tempo un insostenibile aggravio dei carichi di lavoro delle Corti d'Assise». Nella seconda parte, il decreto estendendo l'obbligo dell'interrogatorio all'imputato sottoposto a custodia cautelare in carcere anche durante gli atti preliminari del dibattimento permette di evitare il ritorno in libertà di imputati già condannati in primo o anche in secondo grado. Il decreto legge prevede anche norme transitorie che disciplinano i procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore e in particolare l'evenienza che le misure cautelari in esecuzione dopo la trasmissione degli atti al giudice per il dibattimento e prima dell'inizio dello stesso non siano state seguite dall'interrogatorio. A proposito, è stata prevista una sorta di «restituzione in termini»: l'interrogatorio dovrà essere effettuato dal giudice competente, a pena di estinzione della misura, entro venti giorni dall'entrata in vigore del decreto. Un termine, definito di «ragionevole compromesso» nella relazione di accompagnamento al provvedimento, tale da permettere agli uffici giudiziari di fronteggiare la nuova situazione venuta a crearsi in seguito alla declaratoria di illegittimità. Per quanto riguarda il disegno di legge sul 513 le dichiarazioni di imputati di reato connesso non confermate in aula hanno valore di prova «solo se la loro attendibilità» è verificata da altri elementi di prova di natura diversa. Attualmente, dopo la sentenza della Consulta, le dichiarazioni non confermate in aula possono essere acquisite al processo attraverso la lettura delle stesse da parte del pm. Il ddl stabilisce, in particolare, che «se una delle persone indicate dall'art. 210 del codice penale, nel dibattimento, rifiuta di rispondere su fatti riguardanti la responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, le parti, in mancanza del consenso alla lettura, possono utilizzare le dichiarazioni precedentemente rese per operare le contestazioni sulle circostante indicate a norma dell'art. 468. In tal caso – precisa – le dichiarazioni utilizzate per le contestazioni sono acquisite nel fascicolo per il dibattimento e sono valutate ai fini della prova dei fatti in esse affermati solo se la loro attendibilità è confermata da altri elementi di prova acquisiti con modalità diverse». I penalisti hanno valutato positivamente il ddl del governo sul 513 e invitano ora il Parlamento a «fare la sua parte», ma confermano le tre giornate di astensione dalle udienze proclamate per il 22, 23 e 24 febbraio prossimi. Mentre per le ulteriori proteste la decisione se confermarle sarà presa dalla giunta delle Camere penali convocata per il 23 e il 24 febbraio prossimi. Secondo l'Unione delle Camere penali il ddl «va nella direzione giusta» come «intervento minimo d'urgenza» dopo la sentenza della Corte Costituzionale, «in attesa che si ricostruisca poi un nuovo compiuto sistema che garantisca l'effettività del contraddittorio, anche alla luce di quelli che saranno i nuovi parametri costituzionali del giusto processo». «Tuttavia non si può dimenticare – osservano i penalisti in un comunicato – che per il momento si tratta solo di una proposta che il governo consegna a una procedura parlamentare d'urgenza ben rendendosi conto che non si può attendere oltre, poiché senza questa nuova norma si possono consumare ogni giorno gravi ingiustizie».