Notai, operazione trasparenza con l’«anagrafe degli studi» 

da Il Sole 24 ore del 20.11.99

ROMA — Una "carta dei servizi" per informare il cliente su tutte le prestazioni che il notaio è in grado di offrire, e una "anagrafe del notariato", gestita dai Consigli provinciali, con le informazioni-chiave sull’attività svolta e la struttura organizzativa dei singoli studi. Sono questi i due jolly giocati dalla Federnotai, l’associazione di categoria che raccoglie oltre il 50% dei 4.500 iscritti all’Ordine, per rilanciare la sfida della qualità nell’esercizio della professione. L’ambizioso obiettivo è stato al centro del quarto congresso nazionale del sindacato, svoltosi ieri a Roma con la partecipazione di una nutrita schiera di delegati, accademici e giuristi. E i risultati del confronto hanno portato un contributo concreto al dibattito in corso nel mondo delle libere professioni.

«Non è più sufficiente parlare in astratto di qualità», ha affermato la presidente della Federnotai, Grazia Prevete. «Troppo spesso le considerazioni che si fanno su questa materia sono ispirate a criteri validi per le imprese, ma non tagliati su misura per un’attività professionale quale la nostra. Abbiamo, quindi, posto l’esigenza che la qualità sia misurabile e verificabile, in modo da fare anche un passo avanti sulla strada della trasparenza nei rapporti con il cittadino».

Come si possono tradurre in pratica questi princìpi? La ricetta proposta dalla Federnotai parte dalla considerazione che, come ha spiegato Giuseppe Di Transo, la qualità professionale non è sufficientemente garantita dall’ordinamento vigente, che risale al 1913. «Il notaio che rispetti fedelmente la legge notarile — ha detto Di Transo — non necessariamente effettua prestazioni di alta qualità: la legge, infatti, si focalizza sul momento dell’atto, senza nulla dire sul prima e sul dopo, e dicendo ben poco sul come. Del tutto insoddisfacenti, poi, sono i controlli, che in pratica perseguono soltanto irregolarità formali».

Dai lavori congressuali è quindi emersa l’esigenza di separare due livelli di prestazione: la qualità "minima", misurabile con procedure standard e riferita a quell’insieme di competenze cui tutti i notai sono tenuti per legge, e la qualità "aggiuntiva", che si deve a particolari capacità e specializzazioni del singolo notaio. Questi livelli sono stati finora misurati solo dall’interno, su base individuale, mentre, secondo l’associazione del notariato, è tempo di fissare criteri e metodologie omogenei per l’intero territorio nazionale.

Ha preso forma, così, l’idea dell’anagrafe del notariato, una banca dati contenente tutte le informazioni significative sulla gestione dello studio, dal numero di atti registrati ai tempi delle trascrizioni, dal personale dipendente alle dotazioni informatiche. Duplice l’utilizzo ipotizzato per il nuovo strumento. Sul piano interno, come ha spiegato Arrigo Roveda, i Consigli notarili potrebbero avviare un efficace controllo di qualità, basato sullo stimolo a seguire i comportamenti migliori piuttosto che sulla caccia agli errori: in altre parole, si passerebbe dalle verifiche ex post al vaglio preventivo, puntando al raggiungimento di livelli qualitativi sempre più elevati. Nei confronti dell’utente, invece, la pubblicità delle informazioni garantirebbe assoluta trasparenza. Verrebbe, inoltre, valorizzato il fattore concorrenza, al quale la Federnotai attribuisce un valore strategico, come ha sostenuto, fra gli altri, Remo Bassetti. Su un binario parallelo viaggia l’altra proposta, relativa alla "carta dei servizi", specificamente dedicata all’orientamento del cliente e concepita come una prima forma di pubblicità informativa.

Quanto, invece, alle nuove frontiere della professione, dal congresso sono emerse forti preoccupazioni per l’accentuazione della caratteristica pubblica della funzione notarile. La categoria, negli ultimi anni, ha ottenuto attribuzioni in materia di esecuzioni immobiliari, ha aderito all’appello per irrobustire i ranghi dei Goa (Giudici onorari aggregati) e, nel recente congresso nazionale di Catania, si è proposta per ulteriori competenze in materia di omologhe, separazioni consensuali e via dicendo. «Per non cadere nella sindrome di Figaro, cioè nella tentazione di fare tutto — hanno precisato la Prevete e Bassetti — il sì alle nuove competenze, che pure è un sì convinto, deve essere condizionato al fatto che i relativi ambiti entrino nella sfera privatistica, non viceversa. In altre parole non vogliamo diventare giudici, tanto meno di serie B, ma intendiamo valorizzare il nostro ruolo di professionisti».

Elio Silva