La psicologa Irene Bernardini: spesso ormai i Tribunali dei minori decidono  al posto dei genitori 
 
da Il Corriere della sera del 20.11.99

Maria Teresa Veneziani
MILANO - Che cosa pesa di più ai nostri bambini? 

«Di avere accanto dei genitori che non sappiano più dire "ci penso io"». Per Irene Bernardini,
psicologa e fondatrice della Gea, Genitori ancora di Milano, l'associazione che ha introdotto in Italia
la mediazione familiare, l'anniversario della Convenzione sui diritti del fanciullo è l'occasione giusta per un esame di coscienza da parte di società e istituzioni. «Occorre chiedersi che cosa di quella legge non ha funzionato, se i bambini non possono più permettersi di vivere e comportarsi come bambini. Se stanno perdendo il diritto all'immaturità, all'irresponsabilità». 

Che cosa c'entra la Convenzione, scusi? 

«Questa idea che bisogna considerare i bambini come persone a pieno titolo, soggetti di diritto, viene
intesa oggi un po' opportunisticamente dagli adulti come abdicazione alle proprie responsabilità». 

Potrebbe fare un esempio? 

«Si fa sempre più fatica a dire di no. Quando subentrano problemi in famiglia è più facile chiedere a
un bambino "vuoi stare con il papà o con la mamma?" che cercare di capire che cosa è meglio per il
figlio». 

Sta dicendo che non è giusto dare voce ai bambini? 

«È sbagliato rendere protagonisti i più piccoli, caricandoli di responsabilità superiori alle loro forze.
Questo bambino, apparentemente rispettato, in realtà è sconfitto perché è sbattuto in prima linea,
mentre i grandi gettano la spugna». 

Ma allora come si fa a tutelare un bambino? 

«Innanzitutto bisogna sostenere in tutti modi i genitori, oggi sempre più soli e insicuri di fronte a un
sovraffollamento di esperti pronti a intervenire, a esautorarli dalle loro responsabilità, decidendo per
loro fino a sostituirsi, come accade in campo giudiziario». 

Si riferisce ai Tribunali dei minori? 

«Sì. Nonostante la professionalità dei singoli magistrati, il Tribunale minorile rischia di alimentare una
cultura dell'infanzia centrata sul controllo, finendo per espropriare i genitori, seppur carenti, del
proprio ruolo». 

Insomma, è meglio un cattivo genitore di un buon giudice? 

«Il paradosso è che oggi si ragiona come se i genitori fossero gli antagonisti dei bambini e non la loro
risorsa, che magari va sostenuta e affiancata, ma per i più piccoli nessuno psicologo o avvocato può
sostituire papà e mamma. D'altra parte, sono i giuristi stessi e molti avvocati a ritenere che quello
del Tribunale dei minorenni è un procedimento autoritario non sufficientemente garantista, carente di
trasparenza e contradditorio». 

Può spiegarsi meglio? 

«Per esempio, c'è una sostanziale differenza di trattamento tra due genitori sposati che si separano in
modo conflittuale e una coppia di fatto, tenuta a rivolgersi al Tribunale dei minori. Nel primo caso,
anche se il ricorso parte da uno solo, il presidente del Tribunale ordinario li sente entrambi. Nel
secondo, il giudice dei minori può disporre un'indagine incaricando i servizi sociali all'insaputa
dell'altro genitore. Così gli operatori che dovrebbero fornire sostegno e aiuto alle famiglie finiscono
per essere vissuti dai cittadini come longa manus del Tribunale».