Scalfaro replica agli avvocati "Ho difeso le istituzioni" 

da La Repubblica del 20.11.98

di GIORGIO BATTISTINI 
ROMA - Un passo indietro, due avanti. Sembra un'autodifesa invece è un avvertimento: non lascerà il Quirinale prima del tempo. E ai partiti ricorda una polemica "supplenza" per riparare alla loro colpevole distrazione sulle istituzioni. Scalfaro torna alla carica con gli avvocati in sciopero contro la Corte costituzionale. Precisa. Aggiusta appena il tiro. Certo non dice più, come due giorni fa, che la protesta dei penalisti è "peggio che andare in piazza armati". E non li accusa più di "sovversione dell'ordine costituito". Quindi arretra? Solo in apparenza. I penalisti favorevoli all'articolo 513 bocciato dalla sentenza della Corte costituzionale, dice adesso, hanno scelto una protesta "eversiva". 
Non più "sovversiva" ma "eversiva". Dice proprio così il presidente della Repubblica, stilando di suo pugno, con irritazione e puntiglio, una dura nota in prima persona (fatto accaduto solo rare volte nel settennato) che ripete la sostanza, senza i toni più accesi, delle parole di due giorni fa. Indifferente alla tempesta politica e all'imbarazzato silenzio steso attorno al Colle dagli altri vertici istituzionali. Per esempio non una parola di sostegno da Mancino, Violante e dallo stesso governo. Tutti defilati da un'estemporanea esternazione che, non essendo atto formale, non richiede nemmeno "copertura politica". In fondo, lo stesso Mussi (Ds) ammette che "nella polemica si possono usare anche espressioni forti: capita anche al presidente della Repubblica". E Salvi, augurandosi "la fine della polemica" invita a "tornare alla sostanza del problema".
"Non ho mai...". Comincia proprio così, con una sorprendente, personale precisazione, la breve nota affidata da Scalfaro all'ufficio stampa del Quirinale. C'è sciopero e sciopero, esordisce: uno strumento così non può essere brandito contro un organo costituzionale colpevole d'aver fatto il suo lavoro. "Non ho mai condannato lo sciopero in quanto tale, il cui diritto votai nella Carta costituzionale", dice. Ma "ho condannato lo sciopero diretto contro il supremo organo di garanzia costituzionale, come fatto che per sua natura ha carattere eversivo". L' unica autocritica che (silenziosamente) concede consiste nel lasciar cadere l'eccesso verbale di due giorni fa. Non dice più, adesso, che scioperare contro una sentenza della Consulta è "peggio che andare in piazza armati". E non ripete che si tratta d'una "aperta ribellione assolutamente intollerabile". Si limita a parlare, appunto, d'"un fatto di carattere eversivo". "Non ho mai detto", aggiunge subito dopo, che una sentenza anche della Corte costituzionale non sia criticabile. Anzi ho detto esattamente il contrario". Quello che "non è accettabile" come critica è "l'aggressione all'organo giudicante". 
La messa a punto continua sui toni del risentimento per esser stato capito male. Magari per convenienza politica. "Sono fortemente preoccupato per l' interpretazione corporativa che vien data al mio intervento", dice tentando di recuperare un dialogo col mondo forense, impegnato in un'improbabile tentativo di farlo dimettere. Con loro "anzi ho sempre avuto un rapporto molto positivo", aggiunge. Il problema è che non è stata colta la "denuncia del grave pericolo che corrono le istituzioni se il mondo politico non ne difende la dignità, rispettandone la precipua funzione costituzionale". In questo passaggio lieve e velenoso c'è la sapiente mano d'un antico dc nel chiamare in causa quel "mondo politico" che pare averlo lasciato solo sulla trincea più delicata: la tutela delle regole democratiche. Già, perchè "per la difesa dei diritti, in regime democratico, ci sono tutte le porte aperte tranne l'offesa, l'aggressione e il disprezzo delle istituzioni". 
Questo vale per l'opposizione. Ma vale anzitutto per la maggioranza, in passato sempre automaticamente schierata a difesa del Colle, freddina stavolta. Se poi tanta "distrazione" politica fosse invece riflesso del disimpegno dei partiti alla vigilia del semestre bianco presidenziale, allora è esattamente a loro (oltrechè all'improvvida iniziativa forense) che vanno le ultime parole dello stesso presidente: "Il capo dello Stato ha giurato fedeltà alla Costituzione e fino all'ultimo giorno terrà fede al giuramento prestato". "Fino al' ultimo giorno". Vale anche per chi fantastica impossibili abbandoni anticipati. 
Polemica chiusa, adesso? La voglia d'archiviare ogni eccesso pare diffusa. "Noi non abbiamo aggredito nessuno, neppure a parole", protesta Giuseppe Frigo, leader dei penalisti italiani. "Lo sciopero è solo uno strumento per esercitare la libertà d' opinione politica". Dimissioni? Perfino Berlusconi ammette: "la firma sulla richiesta non la metterò: su un tema così si devono fare cose che diano risultati. Questa non ci riuscirà".