Boato:
è lui ad aver messo la Consulta nell’occhio del ciclone
da Il Corriere della sera del 20.11.98
Giuliano Gallo
ROMA - «La mia era una denuncia del grave pericolo che corrono
le istituzioni, se il mondo politico non ne difende la dignità».
Solo un inciso nella precisazione del presidente Scalfaro dopo le polemiche
degli ultimi giorni, un inciso che però da molti è stato
letto come un rimprovero alla classe politica, colpevole appunto di aver
attaccato la Corte costituzionale all’indomani della sentenza sull’articolo
513. Una lettura sulla quale è d’accordo anche Marco Boato, deputato
Verde ed ex relatore alla Bicamerale: «Condivido la preoccupazione
del presidente, anche se francamente mi pare che nei confronti dello sciopero
degli avvocati si sia espresso in una forma e con espressioni non condivisibili.
E quel tipo di esternazione credo che abbia provocato l’effetto opposto:
se l’intenzione d i Scalfaro era quella di sottrarre la Corte costituzionale
a un troppo diretto coinvolgimento nello scontro politico, il risultato
è stato esattamente l’opposto: mettere ancora di più la Corte
costituzionale nell’occhio del ciclone».
E, dicono in molti, anche di aver dato la stura a una serie di interpretazioni
dietrologiche sul «perché» di quell’esternazione.
«Si è ritenuto che il Presidente lo abbia fatto per precostituire
una difesa della Corte in caso di rigetto dei referendum, e in questo modo
si è scaricato sia su Scalfaro che sulla Corte una sorta di scontro
preannunciato. Quindi credo che la rettifica sia stata opportuna. Anche
perché non è bene che la Corte sia troppo a ridosso dello
scontro politico. Ma non è nemmeno bene che il Presidente si esponga
al punto da essere coinvolto in uno scontro che sta diventando al calor
bianco».
Ma perché tutto questo nervosismo, perché questa incertezza
perfino nei ranghi di chi ricopre cariche istituzionali?
«Credo che siamo di fronte alle estreme conseguenze del blocco
del processo riformatore. Il blocco delle riforme costituzionali sta provocando,
mese dopo mese, una serie di insoddisfazioni, tensioni e lacerazioni
di altra natura. Che nella fase della Bicamerale invece avevano trovato
la giusta canalizzazione».
A proposito di riforme e di Bicamerale, il deputato ds Antonio Soda
propone, recuperando proprio uno spunto della Bicamerale, di rendere pubblici
anche i «diversi pareri» nelle sentenze della Corte.
«Sì, l’istituto dell’opinione dissenziente, presente in
molti ordinamenti di altri Paesi. Un modo per desacralizzare la Corte senza
farle perdere di prestigio, per portare le critiche su un terreno di dibattito.
Il problema però è anche quello di fermare una tendenza della
giurisprudenza costituzionale, che negli ultimi due decenni, supplendo
molte volte alle carenze del sistema politico e legislativo, tende sempre
di più a non limitarsi a giudicare della costituzionalità
di una legge. Ma finisce invece, come nel caso del 513, per surrogare il
compito del legislatore. Una tendenza che fa debordare la Corte dai suoi
compiti, e che rischia di essere molto pericolosa».
Come si concilia questo «debordare» con l’appello di Scalfaro
alla difesa della Corte come istituzione?
«Anch’io ho criticato la sentenza sull’articolo 513 del Codice
di procedura penale, ma l’ho fatto con linguaggio consono al confronto.
Alcuni commenti credo che invece, pur essendo fondati, nei toni siano andati
oltre misura. Giusto richiamare tutti a un corretto rapporto fra istituzioni
e nei confronti delle istituzioni. Ma tutto questo rischia di essere predicatorio,
e quasi ai limiti del moralismo, se non si affronta alla radice la causa
di tutto questo: la fragilità del sistema di
garanzie nel nostro Paese».
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