Scalfaro insiste: Questo sciopero è eversivo

da Il Manifesto del 20.11.98

 IDA DOMINIJANNI - ROMA 
In inque capoversi e nella forma gelida, ufficialissima e inconsueta del “comunicato di precisazione”, arriva alle 15 dal Quirinale l’attesa puntualizzazione di Scalfaro sui suoi anatemi di martedì contro gli avvocati e il loro sciopero “eversivo” sul 513 reinterpretato dalla corte costituzionale. Ma di una appuntita puntualizzazione appunto si tratta, non certo di una rettifica né di un passo indietro del presidente della repubblica. Il quale conferma il concetto: uno sciopero contro la consulta ha, “per sua natura, carattere eversivo”. 
Che cosa precisa dunque il capo dello stato? Precisa di non aver mai condannato lo sciopero in sé e per sé, “il cui diritto votai nella Carta costituzionale”. Precisa di non aver mai detto che le sentenze, anche quelle della consulta, non sono criticabili, “ma l’aggressione all’organo giudicante non è una modalità di critica accettabile”, dal momento che “per la difesa dei diritti, in regime democratico, vi sono tutte le porte aperte, tranne l’offesa, l’aggressione, il disprezzo delle istituzioni”. Precisa di aver parlato giusto in difesa di queste ultime, ossia per denunciare “il grave pericolo che esse corrono se il mondo politico non ne difende la dignità, rispettandone la precipua funzione costituzionale”; e invece del suo intervento è stata data “una interpretazione corporativa”, come se si trattasse solo di un ingiusto attacco agli avvocati, “con i quali anzi ho sempre avuto un rapporto molto positivo”. Precisa infine che “il capo dello stato ha giurato alla Costituzione e, fino all’ultimo giorno, terrà fede al giuramento prestato”. 
Troppo poco per placare gli animi, che pure in mattinata Giuseppe Frigo, il presidente dell’unione camere penali, aveva provato a ben disporre: gli avvocati “sono stati offesi” dal presidente della repubblica, purtuttavia adesso si tratta di risolvere i problemi aprendosi al dialogo con tutte le forze politiche sulla riforma del processo. Ma dopo il comunicato del Quirinale, puntualizza anche Frigo: logica vuole, dice, che se lo sciopero è un diritto non può costituire offesa né aggressione né disprezzo per nessuno “e nemmeno per le istituzioni, che non corrono alcun pericolo e soggiacciono tutte al controllo della pubblica opinione”. 
Né serve, il comunicato del Quirinale, a placare l’opposizione. da An Fini lo definisce “imbarazzato”, da Forza Italia La Loggia “una pezza peggiore del buco” e Saponara “una precisazione non convinta che quindi non convince”, e Berlusconi da Pescara torna sul 513 - “non ci passo sopra” - per ribadire che la consulta ha invaso il campo del parlamento. Crescono di conseguenza le firme - siamo a circa 130, ma non c’è e non ci sarà quella di Fini - dei parlamentari polisti sull’appello stilato dall’ex guardasigilli Mancuso contro il capo dello stato. 
Il passo di Scalfaro, del resto, non convince neanche all’interno della maggioranza. Dai Ds, né Ersilia Salvato né Cesare Salvi spendono una parola per difenderne il merito, pur augurandosi che possa servire a spegnere le polemiche. Bisogna tornare al merito del problema, dicono, cioé alle riforme costituzionali e ordinarie utili alla causa del giusto processo, cioé (Salvi) “a mettere riparo alle disparità fra accusa e difesa esistenti nel nostro sistema penale e aggravate dalla recente sentenza della consulta”. La strada è quella di una nuova riforma del 513 e del 192, nonché dell’inserimento in Costituzione delle garanzie processuali per l’accusato previste dalle convenzioni internazionali (e già assunte dai lavori della bicamerale). Forza Italia, invece, annuncia una proposta di riforma per limitare i poteri della corte costituzionale. 
Nella quale si apre intanto, a seguito delle posizioni di Scalfaro, la ferita delle dimissioni di Oreste Flamminii Minuto, giudice aggregato nonché penalista (una delle parti civili al processo sull’omicidio di Marta Russo): “un “terrorista” in una ipotetica composizione della corte costituzionale sarebbe una anomalia non tollerabile neppure in un paese “tollerante” come il nostro”, scrive in una lettera a Violante. Si divide infine il Csm: se il vicepresidente Giovanni Verde aveva dato ragione a Scalfaro, i consiglieri laici del Polo Valensise, Serio e Vietti prendono le distanze schierandosi nettamente dalla parte degli avvocati.