"Ci vuole più rigore ma non solo carcere" 

da La Repubblica del 20.9.99 

di LIANA MILELLA 
ROMA - Guida la procura di Palermo dal 4 agosto. Non si è preso un solo giorno di ferie. E finora era stato zitto. Piero Grasso è, da sempre, un magistrato che non ama le polemiche né gli atteggiamenti gridati, ma - in questa fin troppo dibattuta querelle sulla sicurezza - ha accettato per la prima volta di dire la sua a Repubblica. Soprattutto dopo le parole del ministro Jervolino che, dall'avamposto del Viminale, tira in ballo i giudici e li accusa per le troppe scarcerazioni. 
Dice Jervolino: "È frustrante ritrovarsi davanti agli occhi uno scippatore o un ladro arrestati il giorno prima". È così?
"Le leggi scritte dal Parlamento parlano chiaro. Una di queste è la Simeone, per cui chi è stato condannato a meno di tre anni può usufruire dell'affidamento ai servizi sociali. I giudici hanno di fronte una sola strada: applicare quella legge". 
Quindi lei non condivide la vecchia battuta "la polizia arresta, i giudici scarcerano"?
"È un vecchio slogan che ritenevo messo in soffitta. Si riaffaccia ora per l'esplosione di crimini violenti che destano allarme soprattutto al Nord. Però non dimentichiamoci che Palermo è la città dove c'è il maggior numero di rapine rispetto agli abitanti, eppure il richiamo non viene da lì. Forse perché da noi questo è solo una delle tante manifestazioni di violenza".
È vero che ci sono troppi ladri e scippatori per strada perché i giudici sono permissivi?
"Insisto: i giudici applicano la legge. Mi spiego con un esempio: chi commette un reato e risulta incensurato gode del beneficio della sospensione condizionale della pena ed evita il carcere".
Lei difende i suoi colleghi. Ma come la mette con i casi di gente scarcerata nonostante i tanti reati commessi?
"Anche qui sono costretto a prendere atto di una carenza. Spesso i giudici non sono al corrente di altre denunce. A Milano, con 200mila provvedimenti ancora da registrare, può accadere che il giudice non sappia se il rapinatore è tornato a delinquere. Ci vogliono più mezzi per essere aggiornati in tempo reale sul personaggio che si ha di fronte".
Il governo vuole migliorare il casellario penale. 
"Un momento. Nel casellario ci sono le sentenze definitive e i carichi pendenti, cioè i processi in corso. Ma non ci possono stare i reati da registrare. La verità è che il buon funzionamento della giustizia è fatto anche di quelle che in apparenza sembrano piccole cose: più magistrati e cancellieri per catalogare i reati ed esercitare l'azione penale. Solo allora si potranno accusare i giudici di non fare il loro dovere". 
Eppure anche Diliberto si è lamentato per le troppe scarcerazioni non motivate. Almeno questa critica l'accetta?
"Se ci sono leggi che lasciano discrezionalità, il giudice la utilizza in relazione al caso concreto e alla sua sensibilità. Se oggi il governo vuole chiedere al Parlamento di introdurre criteri di valutazione più restrittivi vorrà dire che i giudici si adegueranno e in maniera indiretta potranno contribuire anche alla prevenzione dei reati e quindi alla sicurezza sociale". 
Che significa "in maniera indiretta"?
"Che la politica della prevenzione e della sicurezza spetta al ministro dell'Interno e al capo della Polizia. Però è ovvio che se rimangono in carcere soggetti potenzialmente pericolosi vorrà dire che anche la giustizia avrà dato il suo contributo, per l'appunto indiretto, alla prevenzione sociale". 
Il presidente della Camera Violante ha detto che "prima viene la sicurezza e poi la giustizia". Il suo cos'è un modo per stare in mezzo?
"Io ho ascoltato a Vigevano le parole di Violante. E lui voleva porre l'attenzione sul problema della sicurezza, senza mettere in secondo piano la giustizia. Proprio perché la giustizia contribuisce a fare prevenzione. Uno dei motivi per cui si tiene in carcere la gente prima della sentenza definitiva sta nella pericolosità sociale e nel rischio che commettano altri reati". 
E perché resta libero anche chi è stato condannato più volte perfino in via definitiva?
"Anche in quel caso dovrebbero valere gli stessi criteri. Per tutti i crimini violenti che hanno un impatto devastante con la società non ci dovrebbero essere alternative alla cella". 
Quindi lei è d'accordo con l' ipotesi di escludere dai benefici della Simeone chi commette reati gravi?
"Certamente. Ma finché le regole non cambieranno il giudice sarà costretto ad applicare quella legge, pena sanzioni disciplinari e perfino penali". 
In questa ventata di rigore sta prendendo piede l'ipotesi di garantire un soglia di carcere minimo anche per le condanne più lievi. Che ne pensa?
"Bisogna sempre guardare al tipo di reato. E fare attenzione agli eccessi. Ogni legge va sperimentata. Se non si adeguano le strutture - penso al numero dei magistrati di sorveglianza - c'è il rischio di andare in carcere e di scontare la pena prima di riuscire a valutare se quel tizio poteva godere di una misura alternativa. Non solo: non convinciamoci che il carcere è la panacea per risolvere tutti i mali". 
Fa un passo indietro sulla linea del buonismo?
"No, ma mi preoccupa molto l'idea che bisogna tenere tutti dentro per ripulire le strade. Purtroppo non posso citare molti casi di persone che, dopo, siano riuscite a reisinserirsi nel mondo del lavoro, soprattutto dove - come nel Sud - sono disoccupate le persone oneste". 
Lei sta dicendo che non ci sarà maggiore sicurezza con più gente in galera?
"Dico che la prevenzione si fa per strada, dove ci vuole una maggiore presenza delle forze dell'ordine. La giustizia interviene a reato commesso, ma bisognerebbe agire a monte e cercare di evitare il reato". 
Ma è quello che la destra denuncia, il pericolo di uno stato di polizia. 
"Io chiedo una discreta e costante vigilanza, senza ledere i diritti dei cittadini. E comunque il rimpallo di responsabilità tra polizia e magistratura, tra Viminale e Giustizia, non aiuta nessuno. E non serve nemmeno il dividersi tra destra e sinistra, perché la sicurezza dei cittadini rappresenta un bene che deve stare a cuore a tutti". 
Alla richiesta della polizia di avere più poteri che risponde?
"Come procuratore dico: ben venga l'iniziativa della polizia giudiziaria, ma a patto che io ne sia informato. Non sono contrario a una fase preliminare nelle indagini. Ma attenzione: ci sono reati, come l'omicidio, che per la loro natura si vedono, ma altri, come l'associazione mafiosa, che bisogna andare a cercare. Non mi pare che la magistratura inquirente si possa spogliare di questa iniziativa perché rinuncerebbe al principio costituzionale dell' obbligatorietà dell'azione penale".