«Le garanzie non si toccano»
da La Stampa del 21.9.99
Paolo Colonnello
MILANO
«E’ tipico dei totalitarismi di tutto il mondo prendere come
autogiustificazione qualche emergenza. Per esempio si dice che c’è
l’emergenza terrorismo e si calpestano le garanzie; c’è l’emergenza
immigrazione e si calpestano le garanzie. Noi diciamo: no, le garanzie
non si toccano. Noi siamo contrari sia alle leggi speciali che ai pubblici
ministeri sceriffi».
E’ un Silvio Berlusconi più garantista che mai quello che si
rivela nell’atrio di Palazzo Marino proprio alla vigilia del giorno in
cui il governo indice la conferenza per presentare il nuovo pacchetto di
proposte sulla sicurezza e la criminalità.
Nel cortile dell’uscita secondaria del Comune, dove ha incontrato per
40 minuti il sindaco della città Gabriele Albertini («in fondo
io sono anche un consigliere comunale di Milano»), il Cavaliere spiega:
«Le garanzie non si toccano ma non bisogna confondere garantismo
con perdonismo».
E avverte: «Per fronteggiare il crimine non sono necessarie leggi
speciali ma è necessario un modo diverso nell’applicare le leggi
esistenti. De Gasperi ricordava che la libertà si difende con la
libertà». Quindi annuncia che le vere proposte del Polo in
tema di sicurezza sociale arriveranno i primi giorni di ottobre, nel corso
di quello che il Cavaliere ribattezza all’americana come «security
day»: «Lì presenteremo il nostro piano azzurro per la
sicurezza, dove indicheremo le questioni da affrontare e le soluzioni al
problema sicurezza, che adotteremo quando saremo alla guida del Paese».
Dunque per Berlusconi si è fatto troppo allarmismo? «L’allarme
sociale è più che motivato», risponde il leader di
Forza Italia, però questo non giustifica il ricorso a «leggi
speciali». «Noi diciamo no a poteri che danno ai pubblici ministeri
la possibilità di diventare supersceriffi. Bisogna lavorare in un’altra
direzione, con il massimo rispetto delle garanzie dei cittadini».
Secondo Berlusconi, invece, attualmente «la magistratura è
attenta solo ad alcuni reati, quelli cosiddetti dei colletti bianchi e
non sulla prevenzione della microcriminalità che io chiamo macrocriminalità
urbana». Poi il Cavaliere fa una piccola scivolata sui casi personali
e aggiunge che bisogna soprattutto distinguere «tra i reati socialmente
pericolosi, cioè quelli che possono attentare alle persone, e altri
reati che sono stati messi in testa nella gerarchia della repellenza, come
il finanziamento irregolare della politica, mentre il furto o la rapina
sono considerati come reati per i quali non vale la pena esporsi».
E a chi lo accusa di volere il pugno di ferro solo per i «delinquenti
comuni» risponde: «Alcuni a sinistra ci accusano di essere
garantisti quando si tratta di alti papaveri e forcaioli con i delinquenti
comuni: noi invece siamo garantisti fino all’ultimo». Una prova?
«La legge Simeone così come la legge Gozzini - aggiunge irrefrenabile
Berlusconi - sono leggi che vanno applicate con buonsenso. Forse alcune
norme possono essere cambiate ma è soprattutto la sua applicazione
che deve essere cambiata». La colpa di tutto? «Il lassismo
della sinistra, che non fa crescere l’economia e non diminuisce la disoccupazione
che crea indigenti».
«La posizione di Berlusconi sulla giustizia è indifendibile
- afferma Antonio Di Pietro in un'intervista a ‘’Il Tempo’’ - Mescola le
proprie vicende personali con l'interesse collettivo. È un imbuto,
un incubo del quale il Polo non riesce a liberarsi».
Controbattono anche i popolari, con il loro responsabile per la Giustizia
Pietro Carotti. «La destra sa fare solo polemiche - dice Carotti
-, la maggioranza sta dibattendo il pacchetto sicurezza, cioè misure
concrete al posto della propaganda».
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