Per tre volte il pm si è dimesso

da La Repubblica del 21.9.98

ROMA - Nessun commento, bocche questa volta davvero cucite. Il silenzio da parte dei protagonisti del caso Alletto è il segnale più eloquente di come la situazione sia delicatissima. Il procuratore aggiunto Italo Ormanni si è concesso una domenica di pausa e rifiuta, con garbo e cortesia, di rilasciare delle dichiarazioni. Per lui, parlano le venti cartelle scritte di pugno dal procuratore Salvatore Vecchione. Stessa cosa per il sostituto Carlo Lasperanza:
ha approfittato del bel tempo e del ponente teso per rilassarsi sfidando il mare con il windsurf. Si preparano entrambi all’udienza di domani con gli occhi puntati sul ministero di Grazia e Giustizia dove Giovanni Maria Flick dovrebbe prendere una decisione.
E in queste ore di silenzio e di riflessione, tornano a riecheggiare le parole e gli sfoghi del pm Lasperanza a proposito delle sue più volte ventilate minacce di abbandono. Il procuratore Vecchione ha voluto allegare alla sua relazione anche una breve lettera del suo sostituto in cui proponeva di astenersi dal dibattimento. “Visto il clamore che ha suscitato la vicenda e il susseguirsi di notizie relative a denunce presentate nei miei confronti, per evitare che tali iniziative del tutto strumentali possano nuocere alla serenità del processo in corso”, scriveva il pm, “valuti lei la possibilità di accogliere la mia richiesta di astensione”. La riposta di Vecchione è stata immediata: “Non si ritiene di accogliere la richiesta di astensione proposta in quanto inopportuna ai fini del processo in corso”.
Non era la prima volta. In almeno tre altre occasioni, il pm del processo Marta Russo aveva fatto capire che era pronto ad astenersi. Le sue indagini, indagini difficilissime, affondate in un ambiente chiuso e sospettoso, tanto che la procura era dovuta ricorrere ad un appello sui giornali per ottenere qualche testimonianza sull’omicidio della studentessa, gli avevano attirato le critiche di moltissimi ambienti. Violare il tempio della Giustizia, arrivando ad
arrestare il direttore di un istituto della facoltà di Giurisprudenza nell’ambito di un’inchiesta per omicidio, era sembrato quasi un affronto. Una manifestazione di arroganza da parte di un giovane magistrato che si occupava di usura in cerca di successo. Così, forse cedendo alla sua istintività, spesso scambiata per ingenuità, Lasperanza si era trovato su un giornale un articolo in cui si riportavano brani di una conversazione che aveva avuto con alcuni avvocati nel bar del Tribunale. Una sorta di chiacchierata nella quale pm e difesa valutavano la posizione di uno degli imputati del processo Russo e prospettavano diverse soluzioni. C’era stata una denuncia alla procura di Perugia, poi terminata con un’archiviazione. E poi ancora, proteste e reazioni veementi per alcune dichiarazioni rilasciate da Lasperanza in un’intervista. Quindi, il video Alletto: una prova che il pm ha voluto tirare fuori per fugare ogni sospetto sulla possibilità che fosse lui l’autore dei presunti tagli sul nastro audio dell’intercettazione ambientale.  Una prova fornita in buona fede, ma servita su un piatto d’argento alla difesa.
Ogni volta c’era la lettera del capo con richiesta di spiegazioni. E ogni volta il sostituto era costretto a ripondere, sempre per iscritto, che si trattava di proteste strumentali con un solo scopo: farlo fuori dal processo.  L’ultima volta, dopo l’intervento di Prodi, ha pensato che l’obiettivo della difesa era stato raggiunto e ha chiesto di essere esonerato. Ma la richiesta è stata respinta.