La
Consulta rilegge il Codice postale dopo la privatizzazione
da Il Sole 24 ore del 22.1.99
ROMA — Cartolina della Consulta alle Poste Italiane: “attente ai gravi
ritardi e a ogni rilevante disservizio nella consegna dei vaglia telegrafici,
perchè altrimenti dovrete risarcire i danni ai cittadini”. Né,
per evitare risarcimenti, la società pensi di appellarsi al Codice
postale e alle sue riduttive ipotesi di responsabilità, scritte
nell’interesse dell’(ex) Amministrazione, grazie alle quali il solo fatto
di procedere al pagamento “liberava” da ulteriori fastidi, rendendo in
buona sostanza irricevibile ogni lamentela. E ciò proprio perché
oggi le Poste «esercitano un servizio organizzato e gestito in forma
di impresa e improntato a criteri di economicità», nel quale
«il rapporto con gli utenti assume carattere contrattuale progressivamente
assimilato alla disciplina di diritto comune, e perde le connotazioni autoritative».
Solo questa aggiornata lettura del Codice postale ha consentito alla
Corte costituzionale (sentenza 4/1999, depositata ieri, 21 gennaio; relatore
Mirabelli) di evitare la dichiarazione di illegittimità dell’articolo
6 del Dpr 156/1973. La Consulta ha poi collegato la norma sospettata di
illegittimità con il nuovo Regolamento di esecuzione (il Dpr 256/1989),
che disciplina anche modalità, termini di consegna, tempi e mezzi
di recapito, sia pure attraverso un ulteriore rinvio alle “istruzioni”
interne. L’assetto regolamentare e organizzativo dell’azienda postale non
ha soltanto rilevanza interna — spiega in sostanza la Corte — ma costituisce
proprio il parametro di riferimento per valutare il comportamento della
società, e la sua responsabilità per i danni arrecati alla
clientela.
L’indirizzo costituzionale, oggi riaffermato con specifico riferimento
ai vaglia, era in realtà già stato tracciato in precedenti
pronunce, e in particolare dalla sentenza 463/1997 sui servizi (allora)
di bancoposta, oggi finanziari, tutte tese al superamento della vecchia
concezione amministrativa del servizio, che si preoccupava di garantire
piuttosto la “discrezionalità” dell’Amministrazione nell’autorganizzazione,
che non la clientela.
|