Carta dei diritti per l'Europa 

da La Repubblica del 23.4.99

di STEFANO RODOTA' 
SI racconta che Lord Beveridge, nei giorni in cui su Londra cadevano le V-2 tedesche, scrivesse il piano che prese il suo nome e fondò lo Stato sociale inglese. Mentre altre bombe cadono in altri luoghi, può non essere un esercizio frivolo o fuori tempo interrogarsi su una futura costituzione dell'Europa, visto che le elezioni europee s'approssimano ed è legittimo chiedersi quale destino politico e istituzionale si voglia riservare all'Unione.
Per avviare in modo sensato questa discussione, bisogna subito guardarsi almeno da tre rischi: il minimalismo costituzionale, il riduzionismo economico, il puro spontaneismo politico. Tutti e tre questi atteggiamenti esibiscono un ingannevole denominatore comune, che veste i panni del realismo e mette in guardia contro la pretesa di porre all'ordine del giorno un tema, appunto quello della costituzione europea, che rappresenta un traguardo lontano e difficile, forse non necessario. Temo però che, seguendo questo saggio consiglio, l'ideale europeo s'infiacchisca ancora, e l' orizzonte non sia quello dell'improbabile nascita di una costituzione diffusa, all'inglese, ma l' approdo sia piuttosto a un costituzionalismo senza costituzione o, come dice più radicalmente Jürgen Habermas, a "uno Stato di diritto senza democrazia".
Il minimalismo costituzionale è professato da chi sostiene che l'Europa ha già una sua costituzione, nata dai trattati di Maastricht e di Amsterdam, che produce una lenta crescita del ruolo del Parlamento, già trova un punto di forza nella Banca europea, viene arricchita da mosse come l'adesione dell'Unione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Ma, se pur si ritiene che l'unica via praticabile sia quella dei piccoli passi, questa oggi può assumere senso solo se si comincia a indicare con precisione il punto d'arrivo, il progetto costituzionale che si vuole portare a compimento. Se questo manca, e attualmente manca, sarà sempre difficile non solo reagire alle frenate o ai ritorni all'indietro nel processo di costituzionalizzazione, ma addirittura percepire l'esistenza di una fase involutiva.
A ben guardare, il minimalismo costituzionale è pure figlio della logica economica alla quale è stata sostanzialmente legata la costruzione europea. Si può condividere, o comprendere, la scelta di affidare la lenta costruzione dell'Europa ai meccanismi dell'economia. Ma è inaccettabile il permanere di un riduzionismo economico che vuole affidare la lenta costruzione dell'Europa ai meccanismi dell'economia. Ma è inaccettabile il permanere di un riduzionismo economico che vuole affidare la costruzione costituzionale dell'Europa a un gioco spontaneo di forze, che dovrebbe mimare nel mondo delle istituzioni i procedimenti del mercato. Così il processo viene reso più lento e casuale, e l'unico dato costituzionale forte rimane quello legato all'economia, che tende a imporre solo i suoi principi, schiacciando tutti i diritti non immediatamente riconducibili al funzionamento del mercato. Il riduzionismo economico diventa fonte di una pericolosa distorsione istituzionale.
Il riscatto, tuttavia, non può venire da una pura fiammata politica. Nella dimensione istituzionale, la politica riesce a riconquistare il suo primato solo quando si fa portatrice di un progetto riconoscibile, e nel quale molti si riconoscono. Oggi la politica ha bisogno di un'idea di costituzione europea più di quanto questa dipenda da una stanca routine politica europea. Raggiunto il traguardo della moneta unica, l'idea di costituzione è la sola ad avere sufficiente forza simbolica per ridare slancio a una politica europea nella quale i cittadini possano riconoscersi, scorgendo pure nelle istituzioni europee un "valore aggiunto" che non sempre è stato percepibile e che, anzi, nei tempi più recenti, rischia d'essere cancellato da una percezione dell'Europa come causa di molte tra le difficoltà attuali.
Ma, per far questo, non basta una qualsiasi costituzione. Non basta, di nuovo, una costituzione prigioniera d'un riduzionismo che ne faccia il luogo, pur rilevantissimo, della sola architettura istituzionale, alla quale affidare la crescita dell'integrazione sovranazionale e la forza rappresentativa e politica del Parlamento. Il deficit di democrazia non sarà cancellato dal solo ridimensionamento dei poteri tecnocratici e da una più forte responsabilità del governo dell'Unione davanti al Parlamento.
Una costituzione è tale se, insieme alla macchina istituzionale, contiene una vera e forte dichiarazione dei diritti. Anzi, il costituzionalismo moderno ha costruito le istituzioni (governo, parlamento, amministrazione, magistratura, corte costituzionale) come strumenti per la realizzazione dei principi, dei diritti e delle libertà fondamentali. Una costituzione che ignorasse una dichiarazione dei diritti non sarebbe soltanto senz'anima. Non sarebbe neppure una costituzione.
Due volte, in legislature passate, il Parlamento europeo arrivò a votare il testo d'una dichiarazione dei diritti. Nessuno ne parlò: e questo è il segno d' una immaturità dei tempi e la prova del peso scarsissimo del Parlamento. Oggi i tempi sono mutati, e un Parlamento che voglia davvero rivendicare un suo ruolo non può limitarsi ad essere più esigente nei confronti della Commissione e del Consiglio. Deve avere la forza di divenire interlocutore dei cittadini europei: e può farlo solo se imbocca con forza la via della dichiarazione dei diritti.
Qui è davvero il significato costituente della prossima legislatura europea, e v'è da augurarsi che su questo si pronuncino partiti e candidati in vista delle elezioni di giugno. Non basteranno parole. Accettare la logica dei diritti significa anche ridimensionare la forza esclusiva della logica del mercato che ha finora dominato la costruzione europea. E l'avvio della costituzionalizzazione consentirà anche di uscire dalle strettoie dell'armonizzazione delle diverse discipline giuridiche, che ha finora contrassegnato l'azione degli organismi europei. La semplice armonizzazione, infatti, implica sempre la ricerca di un punto intermedio, sì che fatalmente accade che vi siano paesi che guadagnano e altri che perdono in materia di tutela dei diritti. La costituzionalizzazione, invece, passa attraverso l'affermazione di una pienezza dei diritti.
Solo così una costituzione può acquistare quella forza simbolica che ne fa uno strumento di identificazione dei cittadini. E, anche se non nascerà un vero "patriottismo costituzionale", la cittadinanza europea e l'Europa dei cittadini acquisteranno finalmente quei tratti che, appunto, sono indispensabili perché uno Stato di diritto abbia pure le sembianze della democrazia.