Consulta, permessi premio ai condannati per mafia 

da Il Sole 24 ore del 23.4.99

ROMA — I detenuti per associazione mafiosa o associazione finalizzata al traffico di stupefacenti che hanno deciso di non collaborare con la giustizia ma già prima del ’92 hanno dimostrato di essere "detenuti modello", hanno diritto ai permessi premio. Il principio della finalità rieducativa della pena — ha affermato la Corte costituzionale (sentenza n. 137/99) nel confermare una costante giurisprudenza — va rispettato «anche in presenza di leggi con cui è stato ritenuto, per far fronte ai pericoli creati dalla criminalità organizzata, di restringere gli accessi alle misure alternative alla detenzione o a benefici penitenziari». «Non si può ostacolare — ha proseguito la Corte — il raggiungimento della finalità rieducativa con il precludere l’accesso a determinati benefici o a determinate misure alternative a chi, al momento in cui è entrata in vigore una legge restrittiva, abbia già realizzato tutte le condizioni per usufruire di quei benefici o di quelle misure».
Le norme restrittive sono contenute nella legge antimafia del ’92 (n. 356/92) che ha modificato l’ordinamento penitenziario (n. 354/75) introducendo l’articolo 4 bis. Dichiarato illegittimo dalla Corte nella parte in cui non prevede che il beneficio del permesso premio possa essere concesso nei confronti dei condannati che, prima dell’entrata in vigore dell’articolo 15, comma 1, del decreto antimafia «abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto e per i quali non sia accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata».
La legge del ’92, infatti, ha consentito a chi è stato condannato per reati di mafia di accedere ai permessi premio solo se collabora, negando così la possibilità di ottenerli anche a chi al momento dell’entrata in vigore della norma aveva già maturato il diritto di accedere al permesso. Il meccanismo, comunque, non può essere automatico. Positivo il commento della vicepresidente del Senato, Ersilia Salvato: «Ogni giorno in cui viene ribadita la finalità rieducativa della pena è un buon giorno. Anche in vista della prossima scadenza del regime di detenzione previsto dall’articolo 41 bis sarebbe necessaria una revisione complessiva della normativa d’emergenza».