La migliore garanzia per i cittadini è l’efficienza 

da Il Sole 24 ore del 23.4.99

Anche il buon funzionamento della Corte di cassazione e il rispetto del suo ruolo di giudice di legittimità sono ingredienti essenziali di quel «giusto processo» che sembra diventato il leit motiv di questa legislatura e che dovrebbe tradursi in una modifica dell’articolo 111 della Costituzione. Eppure, la passione con cui Governo e Parlamento stanno affrontando la riscrittura di quell’articolo è dettata esclusivamente dall’obiettivo di rafforzare le garanzie dell’imputato, non anche da quello di restituire efficienza alla macchina giudiziaria attraverso una revisione del sistema delle impugnazioni, a cominciare dalla Cassazione. Le intenzioni non mancano, certo. Ma i tentativi di riforma, anche solo della disciplina processuale, sono decisamente troppo tiepidi. E la sostanziale indifferenza per questo aspetto del medesimo problema non passerà inosservata nell’odierna assemblea della Corte di cassazione, convocata dal primo presidente Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, in attuazione di una norma di legge finora sempre ignorata.
La Cassazione ha un ruolo centrale nell’ordinamento: assicurare l’uniforme interpretazione delle leggi, contribuendo così alla certezza del diritto e all’uguale trattamento dei cittadini. Un ruolo entrato in crisi per cause interne alla Corte stessa, ma anche per l’assenza di un qualsiasi intervento legislativo idoneo a definire i limiti del ricorso a questo giudizio, per evitare abusi e ambiguità che ne hanno fatto, nel tempo, un terzo grado di merito o uno strumento per allungare i tempi del processo e guadagnare la prescrizione.
Ecco perché oggi, nell’aula magna del Palazzaccio, si tornerà a chiedere una modifica dell’articolo 111 della Costituzione (che consente il ricorso in Cassazione contro tutte le sentenze) affinché, si legge nella relazione del giudice Aniello Nappi, «a una sacrosanta riforma nel segno delle garanzie si accompagni un’indispensabile riforma nel segno dell’efficienza del sistema giudiziario». La richiesta nasce dal confronto con altri sistemi europei nei quali vige una maggiore selettività nel ricorso ai mezzi di impugnazione. Ma è motivata anche con la constatazione, troppo spesso comodamente ignorata dai Governi e dai Parlamenti degli ultimi dieci anni, che la riforma tendenzialmente accusatoria del processo penale non ha toccato il sistema delle impugnazioni, che oggi costituisce, parola di esperti, «la principale causa di inefficienza del nostro processo penale, perché depriva di effettività sia la minaccia della pena sia l’enunciazione delle garanzie del processo». 
Un cambiamento, dunque, è necessario. Ce lo impone anche il Consiglio d’Europa che, con una raccomandazione del 7 febbraio ’95 opportunamente richiamata da Zucconi nella convocazione dell’assemblea, considera indispensabile «razionalizzare i procedimenti nelle fasi di impugnazione al fine di renderli più rapidi ed efficaci, adottare misure che impediscano l’abuso del diritto di impugnazione, restringere la sfera degli affari conoscibili dalle Corti di terza istanza». Finora l’Italia ha fatto orecchie da mercante, accreditando l’idea di una giustizia ingiusta solo perché carente di garanzie per l’imputato. Dimenticando, o facendo finta di dimenticare, che la principale garanzia è quella di avere una giustizia efficiente, condizione indispensabile per assicurare l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Speriamo che l’autorevole intervento della suprema Corte aiuti a restituire memoria al legislatore. (D.St.)