"Caselli dice cose giuste, ma..." 

da La Stampa del 23.4.99

ROMA 
Pietro Folena, numero due dei Ds, è sostanzialmente d'accordo col procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli. "Non nel senso di una mera abolizione di uno dei tre gradi di giudizio - spiega - ma di una revisione complessiva del sistema delle impugnazioni e dei ricorsi, e di quella farraginosità che alla fine fa sì che non arrivi mai la sentenza definitiva". 
Con un articolo su La Stampa , Caselli ha riproposto e affrontato alcuni dei principali nodi della "questione giustizia" sempre sul tappeto: dall'attacco alla magistratura all'inserimento nella Costituzione dei princìpi del "giusto processo", dal problema dei pentiti ai tre gradi di giudizio che, secondo il procuratore, bisognerebbe affrontare almeno "prevedendo qualche filtro che impedisca l'attuale, ingovernabile, intasamento". 
Uno che con Caselli non è mai, o quasi mai, d'accordo - il responsabile giustizia di Forza Italia Marcello Pera - intima il primo stop: "Non è questo il momento di diminuire i gradi di giudizio". Perché? "Perché se ne potrà parlare - risponde il senatore azzurro - solo dopo aver portato a casa il rafforzamento o reinserimento di certe garanzie per l'imputato nel corso del processo. Per introdurre un filtro ai ricorsi in Cassazione ci vuole comunque una riforma costituzionale, e nella Bicamerale avevamo pure trovato un accordo; solo che non si può fare solo quella riforma lì". 
Il procuratore di Palermo difende anche l'attuale articolo 192 del codice di procedura penale, che dà valore di prova alle dichiarazioni incrociate e concordanti di più pentiti, e su questo punto Pera ribatte: "Se non si modifica quella disciplina, con l'attuale legislazione sui pentiti l'unica cosa che si arriverà a rendere effettiva e certa è la condanna dell'imputato portato davanti al giudice, e questo non può essere. Del resto non siamo solo noi a sostenere che ci vuole una riforma del 192. Io ho sentito anche il procuratore nazionale antimafia Vigna dire che bisogna superare questa fase del pentitismo e tornare ad investigazioni di altra natura. Noi non vogliamo indebolire la lotta alla mafia, ma questa non si può condurre con strumenti che indeboliscono le garanzie dei cittadini". 
Per Caselli, invece, rinunciare ai racconti incrociati dei collaboratori di giustizia significherebbe "tornare ai tempi in cui la mafia non c'era perché nessuno la cercava coi metodi giusti". Ma Alfredo Mantovano, l'uomo-giustizia di An, commenta: "Il procuratore di Palermo non può dire altro visto che il suo ufficio conduce inchieste basate esclusivamente sui pentiti; l'ordine di arresto per Dell'Utri è la dimostrazione di quell'ideologia. In questo modo s'è persa l'investigazione vera e propria, mentre noi diciamo che deve esistere qualche elemento oggettivo a conferma delle dichiarzioni di un pentito". 
Per Mantovano questo problema si riverbera anche sul sistema delle impugnazioni: "Solo se si recupera coerenza, per usare un termine di Caselli, nell'intero processo penale si può pensare a una riforma degli appelli e dei ricorsi. Se le prove venissero davvero formate in contraddittorio e senza le scorciatoie dei pentiti, allora si potrebbe discuterne". Ma sul 192, il responsabile giustizia dei Ds, Carlo Leoni, dice che per il suo partito "quella norma non si deve toccare. Sono assolutamente d'accordo con Caselli, perché i pentiti hanno dato risultati eccezionali nel contrasto alla mafia, anche perché c'è sempre stato nei magistrati lo scrupolo di cercare i riscontri necessari. Quanto alla legge sui pentiti, certamente si può rivedere, ma non nella direzione indicata da Forza Italia che vuole abbattere questo strumento indispensabile". 
Per il popolare Pietro Carotti, invece, il pentitismo "ha creato una tale lacerazione che qualcosa va fatto; se bastano tre pentiti a fare una prova si incoraggia la pigrizia investigativa, che invece va scoraggiata. Si può anche tener conto della particolarità dei reati di mafia, ma lasciare immutato il sistema attuale, più vicino al rito inquisitorio che accusatorio, non si può". [gio. bia.]