Attenzione all’ingorgo giustizia 

da Il Mattino del 23.2.99

Si parla molto della coincidenza tra alcune scadenze elettorali e l’elezione del Capo dello Stato, il cui intreccio costituisce un vero problema politico. Tuttavia nella consapevolezza dei beni informati aleggia, e viene attentamente considerato, un altro ingorgo, quello sulla giustizia, che rischia di risultare determinante quanto il primo. 
Tra pochi mesi dovrebbe andare in vigore la riforma del giudice unico. Una riforma che toglie la distinzione fra pretura e tribunale e mette tutte le cause in primo grado davanti ad un organo unico. Il quale peraltro, per molta parte della propria competenza, giudicherà con una sola persona. Una riforma difficile, nei confronti della quale tanti esperti da tempo avanzano forti perplessità. Il timore, più che fondato a mio avviso, è che parta male e rischi di fallire immediatamente. Intanto la realtà della giustizia, tanto penale che civile, è diventata drammatica. Il fallimento del processo penale soprattutto nei riti alternativi al dibattimento sta diventando pericoloso. Perché sta provocando un affollamento di processi sulla soglia del dibattimento, che tuttavia non vengono celebrati perché intanto le corti ne stanno facendo altri. 
Il risultato, allora, è che l’azione dei pubblici ministeri nelle indagini preliminari assume ogni giorno di più una funzione totalizzante. 
L’indagine costituisce l’unico deterrente giudiziario che il Paese mette in campo contro il crimine. Alla faccia di tutte le esigenze, quotidianamente ripetute, di certezza dei diritti e garanzie del processo. Sullo sfondo di tutte queste cose si muove l’attesa di un’amnistia, che dovrebbe rendere morbido l’impatto sul sistema della riforma del giudice unico e almeno nell'immediato dovrebbe rendere meno affannosa la rincorsa all’emergenza. Soprattutto però essa dovrebbe liberare la politica da troppe vendette e da troppi imbarazzi personali. L’amnistia tuttavia è un discorso pericoloso, fino ad oggi chi ha avuto il coraggio di sostenerla se ne è pentito. Perciò non se ne parla per non smentirla. E siamo così all’ingorgo che dicevo. 
Il Governo, che vuole l’entrata in vigore del giudice unico il 2 giugno, non ignora il ritardo della macchina organizzativa e la mancanza di esperienza su di una novità così grande. Credo anche che si immagini ciò che accadrebbe se all’improvviso si fermassero i tribunali. A questo punto il ministro della Giustizia, come ha fatto ancora l’altro ieri in Calabria, sostiene l’aumento dell’organico dei magistrati di 1.000 unità. Siccome però 1.000 laureati, sciolti oppure a pacchetti, in grado di superare in tre mesi il difficile concorso in Magistratura non sembrano disponibili, rimbalza l’idea di un’assunzione straordinaria di avvocati con una anzianità da definire, più o meno mascherandola da concorso per rispettare la Costituzione. 
Niente di strano. anzi, nella cultura politica di questo ministro esiste il precedente importante della legge Togliatti che nel dopoguerra rinforzò i ranghi giudiziari con un reclutamento di questo tipo. Piuttosto questo scenario intrecciato di proposte, ipotesi ed attese mi fa pensare che senza che nessuno davvero lo voglia si possa verificare quello che non si dice di volere. Siccome l’ostilità della Magistratura verso le assunzioni straordinarie è nota e per di più poggia su di una cultura politica molto diffusa, il Paese potrebbe trovarsi di fronte ad una situazione bloccata. Non si riuscirebbe a fare un’assunzione straordinaria, non si rinvierebbe la riforma del giudice unico, e lo spettro della paralisi giudiziaria diventerebbe fortissimo. A questo punto l’amnistia diventerebbe accettabile. Anzi, pensando al Giubileo, diventerebbe una vera e propria grazia.