Cassazione : non sono giustificabili le lungaggini nelle sentenze

da Il Sole 24 ore del 23.2.99

ROMA — Gli incarichi extragiudiziari, siano pure quelli obbligatori, previsti per legge, non evitano al magistrato la valutazione della sua operosità, sotto il profilo disciplinare. E qualora incappi in un’azione disciplinare a causa dei tempi eccessivi per la redazione e il deposito delle sentenze, non può sperare di cavarsela grazie alla consolidata buona reputazione e alla fama di lavoratore scrupoloso. Dovrà non solo dimostrare di aver fatto tutto il possibile, ma anche di aver tempestivamente segnalato al dirigente dell’ufficio l’impossibilità di rispettare i tempi ordinari stabiliti dal codice, o almeno quelli osservati dalla media dei colleghi. E il contemporaneo assolvimento di compiti extragiudiziari — si tratti pure di quelli previsti per legge, come il sostegno agli uditori giudiziari in tirocinio o la partecipazione alle commissioni d’esame per avvocato — non è di per sé motivo di assoluzione e di implicita autorizzazione allo sfondamento dei tempi, perché l’attività giurisdizionale resta quella prioritaria. Qualora il giudice si renda conto di non poter conciliare la pluralità d’impegni, dovrà informarne il capo dell’ufficio, anche per valutare l’accettazione o il proseguimento degli incarichi.
Le Sezioni unite civili della Cassazione (sentenza 94/1999, depositata il 20 febbraio) hanno così accolto un ricorso del ministero della Giustizia avverso l’assoluzione di un giudice del tribunale di Bologna, nei confronti del quale la procura generale della Cassazione aveva prima promosso il disciplinare, e poi chiesto al Csm il proscioglimento in istruttoria.
La sezione disciplinare del Csm aveva accolto la richiesta, e assolto il giudice senza neppure sottoporlo al procedimento vero e proprio. Perciò anche la motivazione (ora annullata con rinvio) era stringata, conforme alla richiesta del Pg, che si richiamava appunto alla buona reputazione goduta dal giudice anche sotto il profilo della laboriosità, nonché a una precedente assoluzione per analogo addebito, proprio in considerazione della «gravosità del ruolo assegnato, che gli imponeva un lavoro di gran lunga superiore alla media dei colleghi».
La decisione appare rilevante non tanto per lo specifico caso che, adeguatamente motivato dalla Sezione disciplinare in sede di rinvio, potrà ben condurre all’assoluzione, essendo in effetti non rari i casi in cui proprio i giudici che più lavorano corrono maggiori rischi rispetto a colleghi meno scrupolosi. Il motivo di interesse è nella richiesta di un’istruttoria documentata e di una motivazione approfondita, indispensabili per superare l’indirizzo giurisprudenziale delle Sezioni unite, che considerano disciplinarmente rilevanti i tempi eccessivi per la redazione delle sentenze e il ritardo nel deposito delle stesse.
Si consideri che gran parte delle azioni disciplinari promosse dal guardasigilli, e quasi tutte quelle del procuratore generale, riguardano ipotesi di scarsa o cattiva produttività; e che recentemente (circolare 15 luglio 1998, in «Documenti Giustizia», n.8/98) sono stati introdotti nuovi criteri e moduli statistici per la rilevazione del lavoro dei magistrati, con l’indicazione di medie e parametri, lo scostamento dai quali comporta un’approfondita valutazione da parte dell’Ispettorato generale. In assenza di validi motivi e giustificazioni, il guardasigilli promuove appunto l’azione disciplinare.
A.Cia.