Il
guardasigilli al Consiglio forense rilancia la collaborazione sui temi
della giustizia
da Il Sole 24 ore del 23.1.99
ROMA — Ben venga il “giusto processo” in Costituzione; poi si riprenda
il discorso sull’articolo 513 del Codice di procedura penale, ma con legge
ordinaria e «seguendo le indicazioni della Consulta, che ha dato
al Parlamento l’input ad intervenire subito». All’insegna di un «sano
realismo» e di un «coraggio riformatore radicale», adeguato
allo stato grave della giustizia, il guardasigilli Oliviero Diliberto è
intervenuto alla cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario degli avvocati,
invitando i professionisti «al dialogo e alla concertazione»,
anche con la magistratura, senza i quali «non sarà possibile
alcuna riforma». Non sfugge al ministro che i problemi non
stanno solo nei rapporti con le “parti” del processo, perciò si
rivolge anche al Parlamento, invitando «a ragionare pacatamente,
serenamente e costruttivamente tra maggioranza e opposizione; perchè
le riforme non si fanno a colpi di maggioranza». Sembra che
il ministro già intravveda gli scogli dell’annunciata sessione per
la giustizia al Senato, in calendario da mercoledì. Non bisogna
vedere le riforme come un ostacolo all’entrata in vigore del giudice unico
il 2 giugno — osserva il ministro —; al contrario, occorre utilizzare quella
scadenza come un ulteriore stimolo per l’approvazione rapida dei provvedimenti
collegati.
Su due punti, non immediatamente all’ordine del giorno parlamentare,
ma ben presenti nella relazione del presidente del Consiglio nazionale
forense, Emilio Buccico, Diliberto ha fatto sognare gli avvocati: le società
professionali, specie per determinate professioni liberali, non dovranno
essere di capitali; l’astensione dalle udienze sarà autoregolamentata,
con un’Autorità di garanzia simile a quella per lo sciopero nei
servizi pubblici, in cui gli avvocati siano presenti.
«Mi auguro che all’impegno seguano i fatti», ha concluso
cautamente l’avvocato Buccico, che poco prima aveva letto una relazione
molto orgogliosa verso l’esterno, ma molto severa nei confronti della categoria
e dei suoi organi rappresentativi (specie gli ordini locali), per le manchevolezze
in tema di formazione e le omissioni in materia deontologica, che possono
essere frutto non solo di malintesa e improduttiva mitezza, ma anche costituire
sintomi pericolosissimi:
«l’Arcadia in alcuni territori in cui è presente la criminalità
organizzata non è un approdo, ma una viltà», ha tuonato
Buccico.
Il presidente degli avvocati condivide la necessità di una grande
collaborazione: «È indispensabile che tra magistrati e avvocati
si stabilisca un grande patto per la giustizia: le divisioni e i pretesti
non servono a nessuno». Pronti, gli avvocati, anche a chiudere la
«querelle sulle astensioni», alle “condizioni” già dette
ma non senza aver criticato anche una certa anarchia interna alla categoria,
nella quale ogni gruppo o associazione, perfino locale, ritiene di poter
autoproclamare scioperi, rifiutando al tempo stesso controlli e sanzioni.
Non mancano, qui, gli echi di una non del tutto risolta polemica con
le Camere penali e di una incompleta definizione dei ruoli con l’Organismo
unitario. Il fatto che la prima debolezza dell’avvocatura risieda nella
sua frammentazione, è storia vecchia che Buccico non ha mancato
di ricordare.
A.Cia.
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