Dal doppio regime delle sanzioni rischi per la lotta al contrabbando 

da Il Sole 24 ore del 23.6.99

Dovrà essere completamente riscritta la disciplina delle violazioni doganali, verosimilmente a cominciare dal nome. Infatti, con il termine "contrabbando" — che si rinviene già in alcuni regolamenti italiani del 1445, concernenti il commercio del sale — si è sempre individuato un delitto, ossia una violazione punibile con reclusione e/o multa. Con la depenalizzazione disposta dall’articolo 6 della legge delega approvata in via definitiva dal Parlamento, tutte le condotte descritte dal Testo unico doganale come integratrici del delitto di contrabbando, potranno viceversa anche configurare un semplice illecito amministrativo. Tutto dipenderà dall’entità dei diritti di confine in gioco. Al di sopra del limite dei sette milioni, la punibilità come delitto resterà immutata; al di sotto di tale limite, si avrà una violazione non penale punibile con sanzione amministrativa.
Siamo di fronte, dunque, a un criterio del tutto nuovo perché l’entità dei tributi viene normalmente valutata dall’ordinamento come circostanza attenuante o aggravante del medesimo fatto illecito. Nel caso in esame, viceversa, l’entità dei diritti di confine serve addirittura a dare la qualificazione giuridica del medesimo fatto. Sarebbe come dire che l’impossessamento della cosa mobile altrui costituisce furto o illecito amministrativo, a seconda del valore della cosa. E, invero, la "descrizione" degli illeciti, contenuta negli articoli del Testo unico doganale specificamente indicati nella legge-delega, varrà sia per il delitto di contrabbando sia per l’illecito amministrativo, al quale appare opportuno trovare un nome ovviamente diverso.
Ma la singolarità del criterio adottato dal legislatore non mancherà di provocare perplessità, sia in sede di stesura delle disposizioni delegate, sia in sede di futura applicazione di tutta la disciplina. Infatti, la quantificazione dei diritti di confine dovuti serve, con la disciplina attuale, come semplice parametro per la commisurazione della multa (normalmente stabilita nella misura da due a dieci volte). Essa dà spesso luogo, come è del resto ovvio, a disparità di valutazioni che sono certamente importanti allo stato attuale delle cose, ma che daranno luogo a feroci battaglie legali, quando le conseguenze saranno ben diverse da quelle attuali. Infatti, si tratterà di sapere se la violazione potrà restare nell’ambito dell’area amministrativa oppure se, avendo superato magari di poco la soglia dei sette milioni, dovrà transitare nell’area penale, con tutte le implicazioni che un tale evento comporta.
Ma c’è un’altra considerazione da fare. Il Testo unico delle leggi doganali contempla, accanto a ipotesi di contrabbando reale, anche molti casi di contrabbando "presunto": navi con carico di merci estere che rasentano il lido del mare, aerei che trasportano merci estere senza essere muniti del manifesto del carico eccetera. Si tratta di tipici reati "di pericolo", per i quali il riferimento alla «entità dei tributi evasi», contenuto nella legge delega, appare quanto meno improprio.
Si deve sottolineare positivamente l’esclusione dalla nuova disciplina del contrabbando di tabacchi lavorati esteri. Se così non fosse stato, la Guardia di finanza avrebbe pure potuto rinunziare del tutto alla guerra che quotidianamente sostiene in questo settore.
La riforma del diritto punitivo doganale non mancherà, poi, di provocare ulteriori discrasie nel quadro generale del diritto sanzionatorio tributario. Restando immutati gli illeciti penali nel campo delle imposte sulla produzione e sui consumi, per le quali l’entità dell’evasione continuerà a non avere alcun effetto discriminante, si creerà un’altra sacca di irragionevolezza, effetto di una visione sempre parziale dei problemi del diritto tributario.
Giuseppe Giuliani