Addio aula bunker, ecco il museo

da Il Messaggero del 23.3.99

di DANILO MAESTOSI
Addio aula bunker. La palazzina della scherma di Luigi Moretti, gioiello dell’architettura mussoliniana, sta per togliersi di dosso il goffo e umiliante abito di roccaforte distaccata del Palazzaccio, cucito e imposto negli anni di piombo, per assumere una nuova più rispettosa funzione di museo. A dischiudere, dopo anni di denunce e appelli caduti nel vuoto, questo primo concreto spiraglio di riscatto, è un iniziativa del ministro dei Beni culturali Giovanna Melandri, che è finalmente riuscita ad aprire una trattativa con il dicastero di giustizia per restituire alla cultura l’edificio, liberandolo dalle servitù che l’hanno devastato e sottratto all’uso della città.
Già il suo predecessore Walter Veltroni ci aveva provato, incalzato dalle pressioni degli architetti italiani e di varie associazioni ambientalista, con in prima fila il Comitato Antonio Cederna, presieduto da Vittorio Emiliani. Ma nonostante il peso forte del suo ruolo di vicepresidente del Consiglio non era riuscito a far breccia nelle resistenze del guardiasigilli Giovanni Maria Flick, convinto che il blindato fortino del Foro Italico, dove si sta celebrando il processo per l’omicidio di Marta Russo, fosse insostituibile.
Giovanna Melandri ha ripreso subito in mano il caso e stavolta ha trovato nel collega Oliviero Diliberto una sponda più attenta e bendisposta. L’esame della questione è ora passata ad una commissione mista di esperti che sta studiando il problema e dovrà entro tre mesi dare il suo responso. Quale? Giovanna Melandri è ottimista, ma anche cauta a riguardo: «Il ministro della Giustizia si è mostrato molto sensibile, anche se per liberare la palazzina dall’aula bunker è necessario individuare una soluzione alternativa. Credo che la Casa delle armi di Moretti, capolavoro indiscusso dell’architettura del primo Novecento vada comunque restituita a fini culturali. Funzione che dovrebbe essere integrata con il Centro per le arti contemporanee in via di costruzione sull’altro lato del Tevere, nell’ex caserma di via Guido Reni».
Il richiamo al nuovo annunciato museo, che dovrà prendere il posto dei vecchi fabbricati in disarmo della caserma Montello, è tutt’altro che casuale. Giovedì prossimo la Melandri inaugurerà nella Galleria d’arte moderna una mostra in due sezioni dedicata al nuovo complesso. Nella prima sezione saranno esposti al pubblico i disegni sulla riconversione della sede militare, ammessi all’ultima fase del concorso, concluso con la vittoria dell’angloirachena Zaha Hadid, star emergente dell’architettura decostruttivista, alla quale entro un paio di mesi dovrà essere assegnato l’incarico ufficiale della progettazioneesecutiva. Nella seconda sezione sarà raccolto un campionario di opere d’arte, dagli anni ’50 in poi, che dovrebbero rappresentare il primo nucleo del futuro museo.
La macchina, dunque, si è messa in moto, innescando una reazione a catena che investe di un ruolo strategico anche il recupero della palazzina di Moretti. Entro l’estate, infatti, l’assessorato al territorio del Comune lancerà, nel quadro del piano di riassetto del quartiere Flaminio, dove sta fra l’altro sorgendo l’Auditorium di Renzo Piano, un nuovo bando d’architettura per la progettazione di un ponte pedonale destinato a prolungare aldilà del fiume l’asse villa Glori- via Guido Reni. Una traiettoria che punta dritta verso il Foro Italico e utilizza come testata scenografica d’approdo proprio il bianco edificio disegnato da Luigi Moretti. Continuare ad utilizzarlo a questo punto come appendice del palazzo di giustizia sarebbe a questo punto davvero uno spreco. Ingiustificato, perchè nel frattempo si è dissolta l’emergenza terrorismo che ne aveva alla fine degli anni ’80 favorito l’occupazione e la trasformazione. E miope, perchè la collocazione della palazzina ne fa un invece logico spazio di complemento e di sinergia con le attività del vicino centro d’arti contemporanee di via Guido Reni e con le funzioni di svago degli impianti sportivi del Foro italico. Tra le proposte di riuso sul tappeto, la più indovinata appare quella ,sostenuta dallo stesso comitato Cederna, di crearci un centro di documentazione ed esposizione dell’architettura italiana del Novecento. Quale luogo più adatto di questa palestra, composta di due bassi blocchi ortogonali rivestiti di marmo in cui Moretti riuscì a fondere in modo perfetto le tradizioni dell’architettura classica con il rigore della scuola razionalista? Un gioiello ammirato in tutto il mondo, dal quale però solo un costoso restauro potrà cancellare i gusti e le ferite lasciati dal tribunale-fortezza che se n’è impadronito: cancellate, recinzioni, torrette, tramezzature.