Criminalità, un «argine»
alla Cassazione
da La Stampa del 23.9.99
Francesco Grignetti
ROMA
Il gran consulto della maggioranza a Palazzo Chigi sembra aver messo
tutti d’accordo. Il «pacchetto sicurezza» riprenderà
la sua marcia in Parlamento, le forze che sostengono il centro-sinistra
promettono sostegno. Ma D’Alema e Diliberto incassano anche un appoggio
sulle nuove modifiche che erano state annunciate nei giorni scorsi: e dunque
la Cassazione dovrebbe tornare a occuparsi di vizi di forma, non più
entrando nel merito dei processi. «Io credo - ha detto il ministro
di Grazia e Giustizia, uscendo dalla riunione - che si debba restringere
il ricorso a quello che è nella Costituzione, cioè all’esame
dei vizi di legittimità. Occorre fare in modo che solo pochi casi
arrivino in Cassazione, in modo che possa lavorare più celermente».
Nel corso del dibattito sono cadute ipotesi più estreme. Il carcere
dopo la doppia condanna, ad esempio, nell’attesa del ricorso in Cassazione.
Qualcuno, infatti, voleva introdurre nel codice una «presunzione
di pericolosità sociale» che ai garantisti ha fatto storcere
il naso.
«In pratica - dice sempre Diliberto - ci sarebbero solo due gradi
di giudizio e un terzo grado per vizi di legittimità. Naturalmente
i giudizi avrebbero un termine più veloce e più efficace».
Poche parole che però gli addetti ai lavori hanno subito decifrato:
riducendo la possibilità del ricorso, molte più sentenze
diverranno definitive; i pochi che faranno ricorso alla suprema corte avranno
una veloce risposta e così finirà lo scandalo delle prescrizioni.
Ma le novità annunciate dal governo ai capigruppo della maggioranza
sono diverse. Primo, come ampiamente annunciato, c’è una modifica
alla legge Simeone: le sentenze verranno «notificate» e non
più «consegnate a mano». Si è capito che bastava
il trucco di non farsi trovare e molti condannati restavano liberi. Secondo,
la polizia avrà più spazio per indagare. In commissione Giustizia,
ha assicurato la presidente ds Anna Finocchiaro, c’è un sostanziale
accordo per concedere tre mesi alle indagini prima che la polizia riferisca
al pm. S’è persa per strada l’idea di concedere libertà investigativa
solo in determinati campi, quali lo scippo o il furto in appartamenti.
Arrivano molti soldi, poi, e personale per garantire più sicurezza
ai cittadini: D’Alema e Diliberto hanno quantificato in mille miliardi
l’aumento in Finanziaria e cinquecento miliardi in fondi europei. Da qui
verranno fuori gli stipendi per mille nuovi magistrati, per i cinquemila
impiegati civili al ministero dell’Interno, per i seimila agenti o carabinieri
in più. Qualche miliardo finirà al ministero di Grazia e
Giustizia che promette tempi brevi nell’aggiornare il casellario giudiziario.
Oggi accade che molti detenuti ottengono benefici a cui non avrebbero diritto
perché sono recidivi ma dal computer non risulta.
E infine una proposta minima, ma che potrebbe avere grandi effetti
pratici. Chi nasconde o imbroglia sui propri dati personali (accade soprattutto
con i clandestini extracomunitari), perde il diritto ai benefici di legge.
Ugualmente perde la possibilità di accedere ai benefici, cioè
resta in carcere, chi sia condannato anche in appello per reati violenti.
E tutti d’accordo anche sulle aggravanti per chi commette reati contro
anziani e soggetti deboli in genere.
Inutile dire che tutti gli esponenti di maggioranza esultano per la
ritrovata compattezza. Ma le proposte annunciate non piacciono affatto
a Giuseppe Frigo, presidente dell’Unione camere penali, che parla a nome
degli avvocati italiani: «Se davvero vogliono brutalmente eliminare
il ricorso in Cassazione per difetto di motivazione, è incostituzionale.
Il nostro sistema giudiziario si basa sulla motivazione delle sentenze.
Non a caso, proprio tre giorni fa, una delle misure che il governo proponeva
era un supplemento di motivazione per quei magistrati che scarcerano i
detenuti. E ora vogliono eliminare il vaglio della Cassazione? Non capisco
dove è la coerenza. E non mi vengano a dire che in Cassazione noi
avvocati cerchiamo solo la prescrizione. Da anni in Cassazione non si fa
cadere in prescrizione un solo reato».
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