Le accuse dei penalisti in una
lettera aperta a Ciampi e D’Alema
da Il Mattino del 23.9.99
GIGI DI FIORE
Fino ad ora, avevano assistito in silenzio al succedersi di dichiarazioni,
conferenze stampa, prese di posizione. Politici, procuratori della Repubblica,
giudici hanno lanciato il nuovo allarme: quello sulla microcriminalità.
Scippi, rapine, furti erano stati a lungo considerati reati di secondo
piano, fino a quando ci si è accorti, in una città come Milano,
che rendevano la vita quotidiana impossibile. E, sulla sicurezza di tutti
i giorni, sono state impostate molte recenti campagne elettorali. Come
a Bologna. Così, la politica ha riscoperto la delinquenza comune
e si è sviluppato il nuovo flusso informativo, che ha fatto ridiventare,
anche a Napoli, notizia lo scippo e la rapina.
Su questo, interviene la Camera penale di Napoli, con un documento
approvato dalla giunta e inviato al presidente della Repubblica, al presidente
del Consiglio, al ministro della Giustizia, al presidente del Consiglio
nazionale forense, al presidente dell’Unioncamere penali, al presidente
dell’Associazione nazionale magistrati e al presidente dell’Ordine degli
avvocati di Napoli.
I penalisti napoletani bollano il pacchetto anticrimine prospettato
dal Governo come la prova di «una cultura politico-giuridica nata
in nome della circostanza, del dato emotivo (per esempio un altro reato
grave) della contingenza, finalizzato a sedare l’ira del cittadino che
è, quotidianamente, a rischio».
Ma la polemica maggiore è diretta al mondo della politica, che
avrebbe riscoperto l’ultima emergenza sociale. Ecco cosa scrivono gli avvocati:
«In nome di una formula ad alibi ”sicurezza sociale”, i nostri politici
riscrivono un altro capitolo della menzogna sociale e, nel gioco dell’indifferenza
delle maschere, si sottraggono ad un’istanza autentica di verità
nei confronti dei cittadini e, cioè, di riconoscere che la malattia
mortale della società è l’assenza assoluta della prevenzione,
del controllo molecolare delle istituzioni (le forze dell’ordine) sul territorio,
perchè un reato non nasca».
Insomma, come già alcuni esponenti della politica e della magistratura,
i penalisti ritengono che il vero rimedio sia la prevenzione, attraverso
un più massiccio controllo del territorio operato dalle forze dell’ordine.
Da qui il passaggio successivo: «Il vero problema di una democrazia
diretta, costituita da tutti i cittadini, non è l’inasprimento delle
leggi, delle pene, ma quello di una corretta prevenzione dei reati».
Spettacolarizzazione degli interventi repressivi a reati consumati:
è l’altra critica (probabilmente rivolta agli inquirenti) contenuta
nel documento dei penalisti. Che aggiungono: «I politici, sottraendosi
ad ogni forma di democrazia reale, vogliono introdurre, con questo pacchetto
anticrimine, norme eccezionali nell’eccezionalità della situazione,
confondendo prevenzione e giurisdizione; scaricando, in maniera cinica
e puerile, le loro responsabilità sugli altri (giudice di sorveglianza,
giudice ordinario), facendo credere al popolo che l’ultima ratio è
la dichiarazione di guerra alla libertà della giurisdizione».
Insomma, i penalisti ritengono che l’allarme criminalità sia
un problema di prevenzione e non di correzioni del sistema penale. Illuminante,
su questo, è la conclusione del documento: «Dei reati impuniti,
quelli senza spettacolo (furti, rapine) chi ne parla? Non sono bastati
giudice unico e sentenze costituzionali ad effetto; continua questo scenario
desolante, nell’assenza purtroppo di una sola voce di un giudice che rivendichi
imperiosamente la sua libertà».
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