Sicurezza, stop ai ricorsi in Cassazione 

da La Repubblica del 23.9.99

di LIANA MILELLA 
ROMA - Stop ai riscorsi facili in Cassazione e un piccolo spiraglio aperto sull'opportunità di procedere all'arresto quando, per reati molto gravi, ci si trova di fronte a una doppia sentenza di condanna. Dopo sette giorni di dibattito serrato su giustizia e criminalità la maggioranza, riunita a palazzo Chigi con il premier D'Alema, serra i ranghi e lancia un messaggio politico. Che è questo: applicare nel modo più restrittivo le leggi esistenti e ritornare allo spirito della Costituzione per l'accesso alla Suprema corte. In una parola: sforzarsi di concludere al più presto i processi e scarcerare il meno gente possibile. Compatibilmente con i codici. 
Il ministro della Giustizia Diliberto lo aveva già detto l'altro ieri durante il seminario di villa Madama: "La Cassazione deve tornare a essere l'organo pensato dai padri costituenti: un giudice di legittimità e non di merito, come via via è andata diventando in questi anni". Il Guardasigilli lo ha ripetuto ieri concludendo le tre ore di confronto con i capigruppo della maggioranza. La via più semplice per accelerare i processi non è quella di ridurre i gradi di giudizio. E dunque l'ipotesi di tagliare le gambe al ricorso in appello viene bocciata una volta per tutte. A Oliviero Diliberto si aggiunge il capogruppo dei Ds Fabio Mussi che taglia corto: "Bisogna rivedere il terzo grado di giudizio, non per abolirlo, ma per rendere assai più raro di oggi il ricorso in Cassazione". C'è da giurarci: questa è una misura che non piacerà affatto al Polo, ma che per una volta tanto ha visto schierata in modo unanime la maggioranza. 
Il buon clima all'interno dei partiti della coalizione è, di sicuro, l'altra notizia della giornata. Un coro di dichiarazioni unanimi, dai Popolari ai Verdi, passando per i Comunisti italiani e i Socialisti. Consenso sulle proposte del governo e rapida strategia di intervento: il governo - i ministri Diliberto e Jervolino - dovrà presentare al più presto le integrazioni al vecchio disegno di legge sulla sicurezza in modo da far ripartire la discussione in Parlamento. 
L'elenco del pacchetto è presto detto. Premettendo due questioni. La prima: la presidente della commissione Giustizia della Camera, la diessina Anna Finocchiaro, insiste su una sua proposta già presentata a Montecitorio. L'idea non è nuova, stava già nelle misure anticrimine del gabinetto Prodi, con i ministri Flick e Napolitano. L'intenzione è di anticipare la carcerazione dopo il primo e secondo grado se, in caso di reati gravi, c'è una doppia sentenza di condanna. Se a questo si aggiunge un irrigidimento alla possibilità di ricorso in Cassazione si ottengono due risultati: processi più brevi ed esecuzione della condanna anticipata. 
La seconda questione riguarda i poteri da dare alla polizia giudiziaria. Chiede Mussi: "Devono essere maggiori di oggi". Propone Tullio Grimaldi, capogruppo del Pdci alla Camera: "La via potrebbe essere questa: la polizia trova la notizia di reato, informa il pubblico ministero, ma poi continua subito nel suo lavoro". 
Ma cos'altro finirà nel nuovo pacchetto del governo? Le modifiche alla legge Simeone (niente carcere sotto i tre anni), il blocco dei benefici a quanti non dichiarano le generalità (gli immigrati), il codice delle scarcerazioni destinato ai magistrati. Poi ci saranno gli investimenti per la sicurezza ribaditi ieri da Mussi: mille miliardi in tutto in Finanziaria, metà per il ministero dell' Interno e metà per la Giustizia, in modo da coprire gli straordinari e assumere nuovi magistrati e cancellieri. 
Resta l'intoppo dei tempi parlamentari che, fino a oggi, hanno rappresentato una sorta di capestro per qualsiasi nuova legge. Basti pensare al rito penale in vista della riforma del giudice unico. Ancora ieri pomeriggio, in un ennesimo incontro tra Diliberto e i responsabili giustizia dei partiti, s'è discusso delle ultime modifiche. Ma, tra un vertice e l'altro, è già passato più di un anno.