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intanto il ministro Diliberto studia le correzioni
da Il Sole 24 ore del 24.3.99
ROMA — Parte oggi al Senato, dopo un mese dall’approvazione della Camera,
l’esame del disegno di legge sul rito monocratico, uno dei quattro provvedimenti
essenziali per il decollo indolore del giudice unico, previsto per il 2
giugno (gli altri sono: depenalizzazione, tribunali metropolitani, giudice
di pace penale). «Al più tardi nella seduta notturna di domani
(oggi - ndr) ci sarà la relazione — assicura il presidente della
commissione Giustizia, Michele Pinto, che del Ddl è il relatore
— nella quale richiamerò l’attenzione sulla questione delle rogatorie,
su cui c’è la mia personale riserva e l’intenzione di presentare
una modifica. Vedremo anche quale indicazione verrà dai gruppi durante
la discussione generale». Questione calda, quella delle rogatorie,
su cui anche il Governo sta studiando una modifica del testo approvato
dalla Camera per «conciliare due garanzie: quella del contraddittorio
e quella della rapidità del processo».
La questione-rogatorie (si veda «Il Sole-24 Ore» dell’11
e del 12 marzo) è uno dei punti oscuri di questo Ddl che, nato con
obiettivo di ridisegnare il processo davanti al giudice unico in composizione
monocratica, strada facendo è diventato l’occasione per riscrivere
buona parte del Codice di procedura penale in chiave più garantista.
Un’operazione delicata, per le divergenze esistenti non solo tra maggioranza
e opposizione, ma anche all’interno della coalizione di Centro-sinistra.
Tant’è che il testo è passato attraverso una serie di riscritture,
l’ultima delle quali è di fatto avvenuta nel chiuso del Comitato
dei nove, dov’è, tra l’altro, maturata la decisione di modificare
l’articolo 431, lettera d), Cpp, che regola la formazione del fascicolo
del dibattimento. Oggi la norma prevede che il Gip, dopo il rinvio a giudizio,
formi il fascicolo inserendovi una serie di documenti, tra cui (lettera
d) i verbali di atti assunti nell’incidente probatorio e di quelli assunti
all’estero a seguito di rogatoria». Un emendamento della commissione
Giustizia della Camera, approvato in Comitato dei nove e ratificato all’unanimità
dall’Aula, ha cancellato la seconda parte della lettera d), ma la modifica
è passata (col parere favorevole del Governo, rappresentato dal
sottosegretario Marianna Li Calzi) senza la benché minima discussione,
di cui non v’è traccia nei resoconti dei lavori della commissione
e dell’Aula. Tant’è che in un primo momento persino gli addetti
ai lavori avevano pensato a una svista, esclusa però dal relatore
Pietro Carotti (Ppi) che, interpellato dal Sole, ha rivendicato la coerenza
di questa scelta con l’esigenza di costruire un processo pienamente rispettoso
del principio del contraddittorio. Intorno a Carotti hanno poi fatto quadrato
diessini, verdi e forzisti, escludendo che su questo punto il Senato possa
fare marcia indietro o introdurre correzioni.
A palazzo Madama, però, non sembrano dello stesso parere. A
ritenere essenziale una "modifica della modifica" non è soltanto
Pinto. Lo sono anche i senatori dei Ds, che nei giorni scorsi hanno studiato
a fondo il provvedimento, imbattendosi in una serie di «cose che
non vanno» (tra queste anche la norma sull’estensione dell’oblazionabilità
ai delitti puniti con pena alternativa): cose che «non c’erano nel
testo della commissione e che sono spuntate solo in Aula». Ma pure
il Governo vuole correre ai ripari per "salvare" le rogatorie. Gli uffici
del ministero della Giustizia fanno sapere che «si sta studiando
una soluzione che consenta di conciliare la garanzia del contraddittorio
con quella della rapidità dei processi». Una cosa è
certa: al Senato la discussione sulle rogatorie lascerà dietro di
sé qualche traccia scritta per i posteri.
D.St.
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