D'Alema in TV da Biagi «Sì, la giustizia non funziona» 

da Il Mattino del 24.11.99

La giustizia è solo un tema per l’opposizione o c’è qualcosa che non va? Massimo D’Alema ha risposto ieri sera, intervistato da Enzo Biagi nella puntata de «Il fatto», affermando che la giustizia non funziona. Un’analisi che non fa sconti, quella del presidente del Consiglio. «Troppo tempo, soprattutto per chi è più povero - ha dichiarato D’Alema - Non funziona la giustizia civile. Bisogna fare delle riforme e le stiamo facendo. Adesso entra in vigore il giudice unico che è un modo per rendere più celere la giustizia e bisogna investire nelle risorse». 
Le dichiarazioni del presidente del Consiglio sono solo parzialmente servite a gettare acqua sul fuoco delle polemiche che si erano accese, sempre ieri, proprio nel dibattito sulla giustizia in Italia. E che avevano fatto seguito ad alcune dichiarazioni dell’ex procuratore di Palermo - oggi direttore dell’amministrazione penitenziaria - Giancarlo Caselli. «Un sistematico, scientifico, abnorme sterminio della verità». Così Caselli aveva definito quel che a suo avviso viene fatto oggi nei confronti dei giudici di Palermo e dei sette anni di attività antimafia che partono dalla strage di Capaci e conducono alla assoluzione di Giulio Andreotti. 
Le dichiarazioni di Caselli - pronunciate lunedì sera a Milano nel corso di un incontro organizzato su «Giustizia e legalità tra riforme e restaurazione» - avevano avuto l’effetto di una vera e propria deflagrazione. Per Caselli «non c’è Paese al mondo che, ispirandosi ad un regime accusatorio, abbia poi tutti i gradi di giudizio che ha l’Italia». Necessario dunque introdurre filtri. «Certo è - aveva continuato - che è in atto una tendenza a creare imputati con i colletti bianchi e imputati con la coppola storta. E a forza di parlare di strapotere dei pm si finisce col far serpeggiare la tesi che sono giuste solo le sentenze di assoluzione. Non solo è un sovvertimento della logica: è un sistematico sterminio della verità». 
Le affermazioni del direttore dell’amministrazione penitenziaria non sono piaciute a Francesco Cossiga. «Siamo ormai - ha detto il senatore a vita - al tentativo di una piena restaurazione giustizialista e mi chiedo cosa abbiano da dire i Popolari e gli amici democratici-asinelli. Non pongo questa domanda nè a D'Alema, nè a Veltroni, perchè è ormai chiaro il loro disegno non più di sospingere, ma di buttar fuori dal recinto della maggioranza i Popolari-Repubblicani, i Socialisti e i Repubblicani del Trifoglio. Se questo è il loro intendimento - dice ancora Cossiga - la strada della reazione giustizialista ci sembra perfetta». 
Il senatore a vita ha anche presentato ieri sera al Senato un disegno di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sullo stato dell’amministrazione della giustizia in Italia. Enrico La Loggia, capogruppo di Forza Italia alla Camera, si schiera con l’ex Capo dello Stato nella polemica con alcuni magistrati sull’articolo 111 della Costituzione. «Su quell’articolo - afferma il capogruppo di Fi al Senato - si è arrivati ormai a dichiarare ufficialmente intenzioni eversive. Tutti coloro che credono nella democrazia dovrebbero ribellarsi. È un insulto al Parlamento ed alla legge da questo approvata». 
Nel dibattito sulla giustizia non ha fatto mancare la propria voce anche Antonio Di Pietro. «Il paese reale - sostiene - non vuole sentir parlare di inciuci trasversali per mettere una pietra sopra» al progetto di chiudere la stagione delle inchieste sulla corruzione. Di Pietro è convinto che il paese reale sta assistendo «con sconcerto» a questo tentativo di mobilitazione generalizzata verso la lotta al crimine, «al tentativo di mettere tutto a tacere come se niente fosse successo. Pensare che la colpa di tutto ciò che è successo sia dei magistrati che hano scoperto i fatti criminali e non dei criminali che li hanno commessi è una grossa ingiustizia». Di Pietro ha quindi rilanciato la proposta di una commissione parlamentare di inchiesta «affinchè si dimostri, carte alla mano, che i magistrati hanno fatto il loro dovere e che chi afferma che si è trattato solo di una questione di illecito finanziamento, di un non reato o di uno scherzo della natura, renda conto di una verità fatta di corruzione, di appropriazione indebita».