Il
processo tributario taglia l’arretrato
da Il Sole 24 ore del 26.4.99
La riforma tributaria diventa adulta. Non solo da un punto di vista
anagrafico — ha compiuto tre anni il primo aprile scorso — ma anche sostanziale:
la minaccia dell’arretrato si va, infatti, lentamente ridimensionando.
I 2,3 milioni di ricorsi che le commissioni provinciali avevano ereditato
il primo aprile ’96 (data di debutto della riforma) dalle ex commissioni
di primo grado, al primo gennaio ’99 si sono ridotti a meno di 1,5 milioni.
Così anche nelle commissioni regionali, che dagli ex organismi di
secondo grado avevano ricevuto circa 400mila cause, ora diventate 251mila.
Segno che i nuovi strumenti processuali iniziano a funzionare.
Nuovo contenzioso, vecchi problemi. Questo nonostante alcune difficoltà
ormai croniche: c’è da risolvere sia il problema delle incompatibilità
dei giudici tributari che quello della carenza e della poco felice distribuzione
degli organici delle segreterie delle commissioni, assenti proprio dove
maggiore è il carico di lavoro. Anche fra le fila dei magistrati
si registrano vuoti consistenti (ne mancano all’appello circa mille), ma
in questo caso le carenze appaiono meno drammatiche, perché si sposano
a una diminuzione, che in alcune realtà può considerarsi
ormai assodata, dei nuovi ricorsi.
Non può attendere oltre, invece, la soluzione della situazione
logistica di alcune commissioni. In particolare, fanno notare al Consiglio
di presidenza (l’organo di autogoverno della giustizia tributaria), quella
delle commissioni regionali di Lombardia, Toscana e Sicilia, sommerse di
vecchie cause (in Lombardia i ricorsi pendenti sono oltre 78mila) e costrette
a operare in locali inadeguati, dove per le udienze bisogna fare i turni.
L’arretrato. Non c’è commissione che non abbia cause pendenti.
Ma il grosso dei ricorsi in lista d’attesa è concentrato in poche
sedi. La commissione provinciale di Roma è quella più oberata:
al primo gennaio ’99 doveva smaltire oltre 233mila cause, comunque diminuite
rispetto alla stessa data dell’anno prima, quando erano 247mila. Arretrato
consistente anche a Bologna (103mila ricorsi a inizio ’99, ma erano 115mila
ai primi del ’98), a Napoli (quasi 91mila cause, contro le 109mila nel
’97) e a Bari (80mila ricorsi rispetto agli 82mila dell’anno prima).
Ancora più preoccupante è il dato della commissione provinciale
di Cosenza, non solo perché registra pendenze superiori a quelle
di Bari (85mila ricorsi in attesa all’inizio del ’99) nonostante le minori
dimensioni rispetto al capoluogo pugliese, ma anche perché l’arretrato
cresce (a inizio ’98 era di 82mila cause).
Fra le commissioni regionali, le più inflazionate sono quelle
della Lombardia e della Campania, ma mentre quest’ultima ha rosicchiato
un po’ di pendenze (da quasi 43mila di gennaio ’98 alle 31mila di inizio
’99), nella prima sono invece aumentate.
Le incompatibilità. Professionisti e dipendenti dell’amministrazione
finanziaria che svolgono consulenza fiscale non sono compatibili con la
carica di giudice tributario. Il giro di vite, voluto dalla legge 449/97,
ha portato a riesaminare la posizione di molti magistrati.
Al momento il Consiglio di presidenza sta vagliando la situazione di
circa 1.400 giudici, che risultano depositari di scritture contabili. Si
tratta di una decisione che richiede tempi lunghi, anche perché
è necessario dare agli interessati la possibilità di fare
sentire le loro ragioni. Se, però, venisse confermata l’incompatibilità,
l’uscita di quei magistrati andrebbe ad aggravare i vuoti di organico.
Che si riveleranno pesanti quando, come è presumibile, il contenzioso
riprenderà vigore per effetto delle controversie sui tributi locali
e sull’Irap.
Il processo. L’erosione dell’arretrato ha benefici riflessi sui tempi
delle decisioni. Nelle realtà più piccole, dove le pendenze
sono meno incombenti, il verdetto arriva dopo 8-9 mesi, con un minimo di
cinque mesi alla commissione regionale abruzzese. Resta, ovviamente, il
problema delle commissioni gravate da un arretrato pesante — dove i mesi
diventano anni, quando non decenni — e anche quello di realtà dove
la produttività dei magistrati è inferiore alle aspettative.
È il caso della Campania, dove nel ’98 le 47 sezioni della commissione
regionale hanno emesso 12.963 decisioni, con una media di poco più
di 60 sentenze per giudice in un anno.
Circa il 40% delle sentenze vede il Fisco sconfitto. Una percentuale,
sottolineano al Consiglio di presidenza, accettabile se si considera che
i ricorsi sono spesso originati da controlli fiscali approssimativi e che
la difesa dell’amministrazione finanziaria è affidata a impiegati
inesperti.
Unica consolazione per il Fisco è che le commissioni hanno l’abitudine
— stigmatizzata dal «Csm» tributario — a non condannare la
parte sconfitta al pagamento delle spese di giudizio.
Antonello CherchiFranca Deponti
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