Dialogo sereno per le «sfide» delle categorie 

da Il Sole 24 ore del 27.7.99

Dopo mesi di dure battaglie e di serrate proteste condotte dai liberi professionisti, stretti nel disagio di una ingiusta fustigazione, il dibattito sulla riforma degli Ordini professionali sembra finalmente preludere a una stagione di maturo confronto con il Governo. Qualcuno ha prospettato l’ipotesi che, se frutto di una concertazione, la riforma degli ordini finirebbe per essere soltanto un surrogato tale da lasciare sostanzialmente invariate le cose, sicché il mercato non potrebbe mai definirsi emancipato sul fronte della libera concorrenza e della globalizzazione. E i professionisti potrebbero continuare a fare il loro mestiere come lo si faceva quarant’anni fa. Il vero motivo della concertazione, sostengono alcuni osservatori, è che i professionisti temono la riforma del sistema ordinario, evento che finirebbe per travolgere in un vortice vecchi parametri di riferimento, ormai degni di trovare posto soltanto in soffitta, come le tariffe, la pubblicità, il numero chiuso, l’accesso.
In realtà i professionisti non hanno alcun timore del nuovo che avanza. Anzi. Chiedono però una riforma capace di tenere in debito conto la formazione negli studi, l’esperienza acquisita sul campo, la qualità della prestazione erogata al consumatore, l’interesse pubblico. E il rispetto dell’etica. Una riforma siffatta, frutto di un confronto franco, sereno e — sottolineo — motivatamente fondato non potrebbe che rendere più facile l’ipotesi di una soluzione anche relativamente agli aspetti "tecnici": appunto, la pubblicità, le tariffe minime e via discorrendo. Alcune professioni, come per esempio quella dei dottori commercialisti, hanno già dimostrato con i fatti di possedere un forte istinto riformatore: i dottori commercialisti hanno riformulato mesi fa il loro codice deontologico, adattandolo alle moderne esigenze della professione. Così, se fino allo scorso gennaio il mancato rispetto dei minimi tariffari era sanzionabile, oggi non lo è più. Analogamente non è più vietato pubblicizzare la propria attività professionale, a patto, ovviamente, di rispettare rigidissimi vincoli deontologici.
C’è di più: anticipando quella che è una tendenza già da tempo in atto nelle aziende e nelle maggiori realtà economiche produttive italiane e straniere, abbiamo sposato l’idea, fortemente innovativa, della certificazione di qualità degli studi professionali. Pionieri — su questo versante — all’interno dell’universo delle libere professioni, intendiamo anticipare il trend già in atto all’estero, puntando a far introdurre negli studi professionali norme in grado di garantire che la qualità organizzativa, le procedure e i comportamenti adottati dagli studi dei professionisti siano in linea con gli standard internazionali di elevata qualità. Sono questi i fatti che opponiamo a quanti ci tacciano di pavido conservatorismo, dimostrando che le nostre azioni anticipano addirittura gli orientamenti che il legislatore intende adottare. Sono queste le scelte che documentano la nostra totale adesione alle intenzioni riformatrici del Governo, a patto che si progetti una "buona riforma", senza cadere per questo nel malizioso equivoco che i professionisti puntino invece a una "riforma buona".
Resta aperto infine un ultimo versante: quello delle società professionali. I professionisti auspicano una riforma capace di affrontare globalmente e unitariamente quello che è un autentico "nervo scoperto", al centro di affrettati paragoni o spregiudicati sofismi da parte di alcuni osservatori "tecnici" che in realtà conoscono poco meccanismi e rovesci della medaglia delle realtà straniere. I liberi professionisti ambiscono a poter formare studi multidisciplinari e transnazionali, ma a condizione che siano formati da loro stessi: è questo il solo strumento che permetterà davvero alle libere professioni di fronteggiare la concorrenza straniera. Ai politici chiedo: dateci al più presto questo strumento prima che i liberi professionisti scompaiano, fagocitati dalle potenze economiche degli studi e delle società multinazionali.
Francesco Serao
Presidente del Consiglio nazionale dottori commercialisti