Il Regno Unito s’organizza in base a cinque modelli 

da Il Sole 24 ore del 27.7.99

ROMA — Professioni regolate dalla legge, da "statuti reali" (Royal charter), da norme in materia di società, autoregolamentate o i cui Albi sono tenuti dai ministeri competenti. Con queste cinque possibilità, la regolamentazione delle professioni nel Regno Unito si presenta tra le più frastagliate in Europa.
Alle professioni regolate dalla legge e che hanno Ordini simili a quelli italiani corrisponde, di norma, un elevato grado di protezione. Quelle regolate da statuti o, meglio, da "carte" emanate dal Consiglio della Corona (le cosiddette «Royal charter») — in pratica, le professioni semi-protette — si caratterizzano invece per la coincidenza tra Ordini e associazioni.
La linea di confine tra questi due modelli non è però ben definita. In primo luogo, ci sono professioni (quelle contabili, per esempio) che, pur essendo attualmente regolate dalla legge, hanno Ordini a suo tempo istituiti con statuti (Royal charter). In secondo luogo, questi due modelli — comunque i principali del sistema inglese — non esauriscono tuttavia l’ordinamento delle professioni. Esistono infatti, come già accennato, attività regolate non da leggi specifiche, ma dalla legge in materia di società («Companies act»). Quindi ne esistono altre totalmente autoregolamentate, le cui associazioni di categoria prevedono Albi ai quali possono iscriversi i soggetti in possesso di un determinato titolo di studio: queste associazioni sono dotate di poteri nei confronti degli iscritti. Infine, per alcune professioni l’Albo è tenuto dal ministero competente: è il caso, per esempio, degli insegnanti, anche se qui si esula dalla nozione italiana di libera professione perché ci si riferisce, al contrario, al lavoro dipendente.
Gli Ordini esistenti non possono fissare tariffe minime o massime. Nel Regno Unito il mercato dei servizi professionali è libero: qualsiasi decisione degli Ordini di dotarsi di un tariffario sarebbe automaticamente vietato dalla «Monopolies commission» (l’equivalente dell’Antitrust italiana).
Situazione analoga a quella italiana, invece, per quanto riguarda l’accesso. Per alcune professioni sono infatti richiesti, dopo la laurea, il tirocinio e l’esame di Stato organizzato dallo stesso Ordine. È il caso, per esempio, delle professioni legali e di quelle contabili. Altri, come gli ingegneri, hanno invece tre diversi gradi di specializzazione, e non per tutti è richiesta la laurea.
Sulla deontologia, infine, il Regno Unito si è posto il problema di garantire l’imparzialità dei Comitati che si occupano di irrogare le sanzioni. Una percentuale dei componenti dei Comitati, infatti, deve essere «laica», cioè non appartenente a quella professione. E a volte, per esempio per le professioni contabili, all’interno dei Comitati deve esserci addirittura anche un rappresentante del Governo.
Per quasi tutte le professioni, infine, è ammesso l’esercizio associato, sia nella forma di società di persone che di capitali, ma solo tra appartenenti alla medesima categoria. Non sono ancora possibili, invece, gli studi associati tra professionisti appartenenti a categorie diverse (il cosiddetto «One stop shopping»). C’è stato nel passato un tentativo di consentire questa possibilità, ma dalle parole non si è mai passati ai fatti.
Marco Peruzzi