Smarrito il senso della misura

da La Stampa del 27.11.99

Luigi La Spina 
LA carica di ex presidente del Consiglio e la candidatura a premier per la prossima legislatura nella Repubblica italiana dovrebbero imporre a Silvio Berlusconi dichiarazioni e comportamenti da uomo di Stato. Certamente il rinvio a giudizio, per lui, è un duro colpo, sia dal punto di vista politico, sia da quello personale e morale. Ma proprio il suo passato e le sue legittime ambizioni per il futuro rendono ingiustificabili le sue parole. 
Siamo in una stagione politica e giudiziaria completamente diversa da quella in cui un avviso di garanzia stroncava una carriera e, magari, la stessa vita di un indagato. La sentenza Andreotti, col valore simbolico di cui è stata caricata, ha dimostrato la capacità della nostra magistratura di distinguere e di giudicare anche in clamoroso contrasto con le tesi dell’accusa. Proprio ieri, del resto, i giudici hanno assolto Craxi e Citaristi per il caso Intermetro. 
Anche e soprattutto in momenti difficili, quando la passione politica tende a confondere i giudizi, occorre ricordare alcuni fondamentali principi: finchè non ci sarà una sentenza definitiva, non si possono accettare verdetti anticipati, come a sinistra si emettono già in queste ore, o accuse e contestazioni aprioristiche del giudice naturale, come fa la destra. Il rinvio a giudizio presuppone forti indizi che, peraltro, solo il dibattimento dimostrerà se sono tali da giustificare una condanna. Chi ha interesse alla verità dovrebbe avere esclusivamente due desideri: una rapida celebrazione del processo e l’assicurazione che tutte le garanzie a difesa degli imputati, previste dal nostro codice, siano scrupolosamente rispettate. 
Il giudice Rossato poteva aspettare lunedì, quando le elezioni suppletive fossero già decise? Avrebbe tolto, certo, una lancia ai suoi critici, ma non pensiamo ad effetti drammatici sul voto di domani. Chi crede al complotto giudiziario contro Berlusconi avrà una ragione in più per affrettarsi alle urne. Chi lo detesta non attende le ultime decisioni giudiziarie per cambiare idea. In mezzo c’è chi aspetta il famoso "Paese normale" in cui si distinguano aule penali e aule parlamentari. Temiamo che dovrà aspettare ancora un po’.