«Ma anche i magistrati hanno colpe»

da Il Mattino del 27.9.99

Le lobbies e l’ala giustizialista dei Ds hanno fermato la legge 
Se ne è discusso per anni, senza che succedesse nulla. Adesso, dopo che i giudici di Perugia hanno fatto il grande passo - bocciando i grandi accusatori di Andreotti - anche la politica cerca di recuperare terreno. «Bravi, complimenti a chi ha bloccato la legge», sbotta il presidente dell’Antimafia, Ottaviano Del Turco. 
Chi l’ha bloccata, presidente? Se lo chiedono anche gli ex ministri Flick e Napolitano. 
«Questo è un romanzo giallo che non ha un assassino solo. Secondo me, la legge era bloccata in attesa che si concludessero i grandi processi. C’è stato un tira e molla in commissione giustizia al Senato, che ha avuto per protagoniste anche varie lobbies, che si sono scatenate per impedire l’approvazione della legge». 
Eppure, almeno a parole, tutti dicevano di essere d’accordo. 
«È vero, tutti sostenevano che la legge era indispensabile, che la proposta Flick-Napolitano consentiva di fare passi in avanti, eppure non è stata mai approvata. Il documento che la preannunciava è del settembre ’96, quando l’allora ministro dell’Interno mandò al Parlamento una nota sui pentiti, nella quale si denunciava l’esistenza di una serie di distorsioni». 
I tentennamenti sono stati anche della maggioranza? 
«Sì, l’ala giustizialista dei Ds al Senato ha fatto un ottimo lavoro, ha fatto sì che la riforma la facessero i giudici della corte d’assise di Perugia e non il Parlamento. Complimenti, un vero capolavoro!» 
Stralciando la riforma del 192 (valutazione delle dichiarazioni incrociate, ndr.) dalla legge sui pentiti, questo provvedimento potrebbe marciare più spedito? 
«Temo che dopo la sentenza di Perugia sia difficile immaginare un percorso separato». 
Giancarlo Caselli ha parlato di una nuova strategia della mafia che, da vendicatrice, si starebbe trasformando in madre comprensiva per chi ha tradito. Quanto pesa questo mutamento di rotta, proprio mentre si discute della nuova legge? 
«Penso che l’unica cosa importante sia finirla con un uso sbagliato dei collaboratori di giustizia». 
Nessuno vuole più pentirsi. È un rischio reale? 
«Ci sono stati, anche in questo periodo, nuovi collaboratori di giustizia che hanno dato notevoli contributi. Ma soprattutto è lentamente ripresa una capacità di indagine, di iniziativa della polizia giudiziaria indispensabile per ben utilizzare i contributi dei pentiti, che non devono diventare gli storici di questi ultimi 50 anni di vicende italiane». 
La politica è in ritardo. Si possono escludere colpe di magistrati e investigatori, intendendo con questo il non cercare oltre le dichiarazioni dei pentiti? 
«Questo non è un dubbio, è una constatazione». 
È accaduto anche a Perugia? 
«Personalmente trovo molto disdicevole ciò che sta accadendo in queste ore, perché quando iniziò il procedimento contro Andreotti quella procura ebbe un sostegno politico e giornalistico che mai nessun’altra aveva avuto. Nemmeno il pool di Milano nei suoi giorni d’oro». 
Conviene ancora pentirsi? 
«Certo, è meglio che finire la propria vita in galera. Si badi bene che nessuno si pente prima di essere catturato, ma solo dopo gli arresti». 
È vero che alcuni pentiti ricevono anche sette milioni al mese? 
«Sì, ci sono stati stipendi anche più rilevanti». 
Da che cosa dipende l’entità della cifra? 
«Talvolta anche per il valore della collaborazione».