La proposta del procuratore capo: «Serve un archivio elettronico unico»

da Il Messaggero del 28.3.99

di ANTONIO DE FLORIO
Dinanzi all’emergenza della criminalità e all’incertezza della pena, specie nei confronti degli immigrati (che spesso dichiarano un’identità falsa), il procuratore di Roma, Salvatore Vecchione, ha preso carta e penna e ha scritto ai ministri di Grazia e giustizia e dell’Interno.
«La criminalità riconducibile ai cittadini stranieri, ed in particolare a quelli extracomunitari - osserva il procuratore - è in continuo aumento. Parimenti rilevante è la presenza di stranieri negli istituti penitenziari». Che fare, dunque, per correre ai ripari? Vecchione un’idea ce l’ha e l’ha esposta in otto cartelle dattiloscritte.
Il procuratore propone di far confluire in un unico cervellone elettronico le impronte digitali - rilevate con la stessa tecnica - di tutti gli immigrati denunciati, inquisiti e condannati, in modo che ciascuno abbia un «proprio codice di identificazione». È una sorta di schedatura unica elettronica, cui possono accedere magistratura e forze di polizia.
Le ragioni di un archivio elettronico unico sono fin troppo ovvie. «Spesso si verifica - denuncia Vecchione - che restano ineseguiti ordini di esecuzione delle pene o di custodia cautelare in carcere per l’irreperibilità dell’interessato, mentre lo stesso è detenuto in carcere (o più raramente in arresti domiciliari) con generalità diverse».
Per far fronte a simili «inconvenienti» il procuratore Vecchione considera «fondamentale e urgente l'istituzione di un effettivo collegamento, preferibilmente telematico, tra le forze dell'ordine, il Casellario Centrale di identità della polizia scientifica, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), il Casellario giudiziale centrale e gli uffici giudiziari (in particolare le procure), perché, previa individuazione dei dati per la identificazione personale dei soggetti privi di documenti di identità che delinquono, sia sempre consentito l'accertamento della loro effettiva posizione giuridica, del loro stato di detenzione e l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale».
Da qui la proposta di introdurre un «codice di identificazione» che «sia unico per ciascun condannato privo di validi documenti di identificazione, attraverso il quale sia sempre possibile identificare la stessa persona fisica a prescindere dalle generalità declinate e che costituisca il dato certo al quale fare riferimento sia per l'esecuzione dei provvedimenti di privazione della libertà personale, sia anche ai fini della iscrizione delle condanne riportate dalla medesima persona in un solo certificato del casellario giudiziale».
Arriviamo al cuore della proposta. Vecchione auspica che «il signor ministro di Grazia e giustizia prenda accordi con il ministro dell’Interno e con altro Ministro competente perché tutte le forze di polizia eseguano dattiloscopiche (il rilevamento delle impronte, ndr) uniformi e valide» onde evitare quegli «errori» che non consentono di accertare in tempi rapidi se l'imputato è recidivo (ossia pregiudicato) o già detenuto per altra causa.
Un ruolo centrale dovrebbe svolgere il ministero di Grazia e giustizia, da cui dipendono tutti i penitenziari, impartendo direttive perché le impronte digitali degli immigrati siano prese allo stesso modo delle forze di polizia e siano tempestivamente inserite nel sistema informatico.
«Mi sembra una buona idea - dice il sottosegretario alla giustizia Giuseppe Ayala - e va nella stessa direzione delle centrali operative uniche delle forze di polizia. Tutto ciò che serve a velocizzare le procedure e a rendere più efficiente il servizio giustizia è sicuramente ben visto dal ministero. Si tratta di una proposta tecnica che sarà valutata adeguatamente».
Più tiepida la reazione al Viminale. «Qualcosa del genere esiste ed è in via di realizzazione - spiegano al ministero dell’Interno - Costa tantissimo, però. Noi stiamo approntando il sistema Afis, un progetto da realizzare in tre anni con un investimento di 150 miliardi. Con esso abbiamo la schedatura elettronica, impronte digitali comprese, di tutti coloro che hanno avuto a che fare con noi e con la giustizia. Naturalmente vi fanno parte anche gli immigrati. Quando il sistema sarà completato sarà possibile avere la situazione aggiornata di ciascuno in pochissimi minuti». Attualmente, in alcuni casi, non bastano nemmeno sette giorni.