Bufera giustizia
da Il Mattino del 28.11.99
DALL’INVIATO A ROMA
GIGI DI FIORE
Arriva puntuale, come sempre. Appena 24 ore prima aveva incontrato
i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati. Ora, proprio come
prevedeva la sua agenda, è il turno degli avvocati: il ministro
della Giustizia, Oliviero Diliberto, partecipa alla tavola rotonda sul
«giusto processo», momento centrale del Congresso straordinario
dell'Unioncamere penali che oggi, sull'argomento, approveranno il documento
conclusivo dei loro lavori. Il ministro, all'inizio, si schermisce. Nonostante
sia pressato dai giornalisti alla ricerca dei suoi commenti, cerca di glissare
sul tema del giorno: la dura reprimenda di Silvio Berlusconi al Gup milanese
Alessandro Rossato che lo ha rinviato a giudizio. Vuole evitare il riferimento
alle polemiche del leader dell'opposizione, che ha definito «un cancro»
alcuni giudici. Ma poi, a margine della tavola rotonda, il ministro cede.
E dice: «La giustizia e certi magistrati un cancro? Le sembra che
posso essere d'accordo con accuse di questo genere? Sono il ministro della
Giustizia. Certo, l'onorevole Berlusconi può evidentemente, come
tutti i cittadini italiani, denunciare chi gli pare...».
A più riprese, in vari appuntamenti, il ministro ha tuonato
contro il clima di tensione intorno alla Giustizia, che rende difficile
ogni confronto. E anche le ultime polemiche, scaturite dalle conclusioni
dell'inchiesta del pool di Milano, sono occasione per ripetere quei suoi
concetti: «Mi sembra che tutti quanti dovremmo cominciare a considerare
la giustizia una cosa diversa dalla rissa. Ognuno, naturalmente, rispetto
al ruolo che la Costituzione gli assegna».
E giù, poi, con la rituale precisazione sugli steccati costituzionali
e i limiti tra politica e giurisdizione. Ecco ancora Diliberto: «I
giudici devono fare le sentenze, i politici le leggi. Quest'ultimo intreccio,
in cui assistiamo addirittura a una denuncia contro magistrati che giudicano,
francamente mi sembra una cosa un po' esagerata, per usare un eufemismo.
Questo è complessivamente un clima che ci riporta indietro e che
non aiuta a fare riforme sulla Giustizia». Il velato riferimento
è anche al tema discusso nella sala congressuale: l'imminente esame
alla Camera delle norme, approvate dal Senato all'unanimità, che
dovranno rendere applicabile in concreto la riforma costituzionale sul
«giusto processo». Una proposta di legge su cui i penalisti
hanno espresso il loro dissenso attraverso il presidente Giuseppe Frigo.
Il ministro, in sala, era stato chiaro: «A tempo di record è
passata una revisione costituzionale, ora occorre la legge ordinaria. Il
mio auspicio è che il testo venga approvato dal Parlamento. Ma sia
chiaro che, nel rispetto dei limiti costituzionali, la legge dovrà
essere varata dalla politica».
Ora, Diliberto si riaggancia a quel discorso pubblico e, sulla vicenda
Berlusconi, aggiunge: «Siccome io faccio il ministro e ho un ruolo
costituzionale ben preciso in questo momento, non posso entrare nel merito
delle diverse opinioni finora espresse. Ma ribadisco che, come chiedo ai
magistrati di rispettare la politica, così devono fare tutti i politici
con la giurisdizione». E, poco prima, sulla stessa scia, il ministro
aveva ammonito la platea dei penalisti: «Il rispetto dei ruoli è
garanzia per tutti. Se c'è una cosa che non va in questo Paese,
è che nessuno rispetta più i ruoli costituzionali. Io difenderò
sempre l'indipendenza della magistratura, perchè sono convinto che
serva a difendere la democrazia. Smorziamo le polemiche e torniamo, tutti
insieme, ai confronti».
Dalla prossima settimana, il teatro dello scontro sulla Giustizia sarà
la Camera. Comincerà il confronto sulla legge ordinaria per il «giusto
processo». Il primo banco di prova per le ultime polemiche politiche.
|