Sofri, c'è un sì al nuovo processo

da Il Corriere della sera del 29.4.99

ROMA - La Procura generale della Cassazione, per la seconda volta in un anno, non sbarra la strada alla revisione del processo per l'omicidio Calabresi. Dopo quasi diecimila giorni, tanti ne sono passati dall'assassinio a Milano del commissario Luigi Calabresi (17 maggio 1972), subisce così una nuova correzione di rotta l'interminabile vicenda che nel gennaio del '97 ha portato in carcere (con condanna definitiva a 22 anni) Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani. I tre ex di Lotta continua, che si sono sempre proclamati innocenti, avevano chiesto la riapertura del dibattimento: e ora, al secondo giro di boa dell'istanza di revisione, il sostituto procuratore generale Giuseppe Veneziano invita formalmente la Suprema di corte ad annullare anche l'ordinanza dei giudici bresciani che il 26 febbraio scorso avevano praticamente bagnato le ultime cartucce a disposizione della difesa. 
E adesso Sofri, Pietrostefani e Bompressi (che dal 18 agosto ha ottenuto gli arresti domiciliari per motivi di salute) attendono la decisione del 27 maggio, giorno in cui la V sezione penale di piazza Cavour potrà imboccare due strade: o annullare con rinvio, e quindi mettere in gioco una nuova corte d'Appello (dopo Milano e Brescia, toccherebbe a Venezia), oppure rigettare il ricorso della difesa e chiudere definitivamente il lungo iter giudiziario. In realtà, ci sarebbe pure una terza via, del tutto teorica: è quella, senza precedenti, che prevede una riapertura tout court del processo con decisione diretta della Cassazione. 
Ma dopo tanti «no», la difesa di Sofri, Pietrostefani e Bompressi oggi è molto prudente. Dice l'avvocato Alessandro Gamberini: «In tutta onestà non mi sento di affermare che la revisione è più vicina perché manca ancora la decisione dei giudici della Cassazione... Occorre, prima di tutto, che la Suprema corte ci dia ragione decidendo in conformità con il parere del Pg». È cauto, Gamberini, anche perché il ping-pong Milano-Cassazione-Brescia-Cassazione non ha un esito scontato: «Reso esperto dalle difficoltà che ha comportato questo caso ho notato che è molto forte la resistenza dei giudici di merito a riaprire il processo. Questo non significa che abbia origine da un pregiudizio ideologico ma piuttosto dalla difficoltà di riaprire una vicenda lontana nel tempo che richiede categorie storico politiche adeguate per essere giudicate». 
Al primo giro di boa dell'istanza di revisione del processo Calabresi, fu lo stesso Pg Veneziano a chiedere la «bocciatura» dell'ordinanza della Corte d'Appello di Milano. Quel parere portò la I sezione penale della Cassazione a decidere per il «rinvio» a Brescia. E ora si riparte più o meno dalla stessa posizione. Con il rappresentante della Procura generale che contesta, sebbene con parole più pacate, l'operato dei giudici di merito. I punti di attrito sono molti, primo tra tutti la mancata visione d'insieme sulle nuove prove portate dalla difesa. Scrive Veneziano nella sua requisitoria: «Risulta infatti sostanzialmente omessa ogni valutazione analitica idonea a correlare le prove nelle loro reciproche interrelazioni, raccordi e integrazioni e a operarne il raffronto con le prove corrispondenti poste a base del giudicato». 
Il Pg, come sostiene la difesa, ritiene che le «tessere del mosaico» non possano essere considerate separatamente. A partire dalla perizia sull'incidente stradale che disturbò una manovra dell'automobile, una «Fiat 125», utilizzata dai killer del commissario Calabresi. Spiega l'avvocato Gamberini: «Nella versione di Marino questo incidente è collocato in un parcheggio, lontano... Nella ricostruzione che io ritengo vera, sulla base delle mie acquisizioni, in realtà la macchina degli assassini tocca l'auto di Mosicco, fa inversione in via Cherubini, scende l'omicida, uccide Calabresi e rimonta sull'auto che lo attende procedendo a passo d'uomo. Nella ricostruzione di Marino, invece, l'incidente avviene molto prima, poi lui esce da solo dal parcheggio... Intanto Bompressi, che non è mai salito in macchina, passeggia nervosamente sotto casa di Calabresi con la pistola nascosta nell'impermeabile: esce Calabresi, lo ammazza, lui (Marino) fa retromarcia e lo raccoglie. Ecco, due versioni veramente diverse tra loro...». 
Dino Martirano