«Consulta anti referendum», giallo sul Colle

da Il Corriere della sera del 29.12.98

ROMA - È già bufera sul referendum elettorale. Ieri c’è stato un primo assaggio in seguito ad alcune indiscrezioni secondo cui la Consulta, che dovrà decidere a fine gennaio, sarebbe orientata a bocciare il quesito referendario sull’abolizione della quota proporzionale. 
A scaldare gli animi è stata un’indiscrezione a firma di Augusto Minzolini pubblicata dal settimanale Panorama: «Al 90 per cento la Consulta dirà no». La confidenza sarebbe stata fatta ad alcuni parlamentari da un non meglio identificato «consigliere di Scalfaro», dopo una cena al Quirinale «tra il capo dello Stato e alcuni componenti della Consulta». In serata, la smentita del Quirinale: «Ciascuno dei consiglieri del presidente della Repubblica esclude, nel modo più categorico, d’aver parlato con parlamentari o con chicchessia dell’argomento». Replica di Augusto Minzolini: «Uno dei consiglieri del capo dello Stato ha detto una bugia». 
Intanto i referendari sono scatenati. Achille Occhetto, Marco Taradash, Peppino Calderisi hanno annunciato una serie d’interrogazioni parlamentari. Il portavoce di An Adolfo Urso se l’è presa con Scalfaro, accusandolo di «travalicare il suo ruolo di garante». Per Mario Segni si tratta «di grandi manovre del partito della non ammissibilità». Ma - aggiunge - «è una battaglia che, a differenza di quanto accaduto alla vigilia degli altri referendum, si svolge senza argomenti giuridici». Durissima la replica del Verde Mauro Paissan: «I referendari se la cantano e se la suonano. Evidentemente a corto di argomenti, sono costretti a prendere a pretesto una ipotetica fonte anonima del Quirinale per imbastire una campagnuccia a difesa del loro quesito». 
Chi preferisce tenersi fuori dalla polemica è Francesco Cossiga. Nonostante le provocazioni del referendario Di Pietro, si limita a ripetere che se il referendum verrà ammesso lui voterà «sì». Punto e basta. L’ex Picconatore adesso si occupa del disegno di legge sull’elezione diretta del capo dello Stato. Domenica aveva promesso di presentarlo «ad ore». Ieri ha incaricato Giorgio Rebuffa, responsabile Istituzioni dell’Udr, di dare gli ultimi colpi di lima al testo che verrà presentato lunedì prossimo, al massimo martedì, al Senato. 
La mossa nasce con tre obiettivi, non tutti dichiarati. Primo, sdrammatizzare la battaglia sull’elezione del capo dello Stato a quattro mesi dallo scontro finale. Secondo, far ripartire le riforme attraverso l’articolo 138 della Costituzione. Terzo, fornire una copertura a Massimo D’Alema, alleato non più strumentale ma «organico» dell’Udr, in quanto da ora in poi sarà la maggioranza a farsi carico del processo di revisione costituzionale. 
Angelo Sanza, cossighiano doc e coordinatore della segreteria udierrina, azzarda una previsione:
«L’elezione diretta metterà d’accordo anche il Polo. Conviene a Silvio Berlusconi e non può essere respinta da un presidenzialista dichiarato come Gianfranco Fini». Sanza vede solo un problema: quello dei poteri attribuiti al presidente eletto dal popolo, questione su cui anche l’Udr ha qualche difficoltà, perché prima «deve trovare un’intesa con Marini e Dini». Minimizza Rebuffa: «I poteri del capo dello Stato dipendono soprattutto dal contesto. Basta guardare ciò che succede oggi: quelli fissati dalla Costituzione sono deboli; quelli che Scalfaro esercita di fatto sono fortissimi». 
F. Sa.,