EDITORIALE
Sono ancora meravigliata dal numero di telefonate e fax di congratulazioni
che ho ricevuto subito dopo essere stata nominata direttore di questa rassegna.
Erano certo manifestazioni di affetto, di cui ringrazio tutti, ma si trattava
di complimenti "al buio": il difficile viene adesso. È con questo
primo numero che mi sottopongo al vostro giudizio, quello vero, non quello
dettato solo dalla simpatia o dal desiderio di incoraggiamento.
Già sotto la direzione di Giuliano Berti la Rassegna, da organo
di resoconti congressuali e diffusione dei documenti dell'associazione,
si era progressivamente aperta a contributi che, da un lato, dessero conto
delle opinioni di altre componenti del sistema giustizia, e, dall'altro,
avessero riguardo a significative esperienze di altri paesi.
Entrambe queste tendenze vengono mantenute, ed anzi maggiormente incrementate.
Globalizzazione è un termine sicuramente abusato e già
questo mi induce ad un atteggiamento di pregiudiziale diffidenza.
Ma è innegabile che una serie di segnali mostrano l'esigenza
di superare la dimensione nazionale nella quale operiamo e dalla quale,
per formazione culturale, abbiano una difficoltà, a volte anche
tecnica, ad uscire.
Mi riferisco all'aumento straordinario dei rapporti giuridici a livello
transnazionale in dipendenza dell'incremento degli scambi economici e culturali
tra le nazioni e di rilevanti fenomeni migratori delle popolazioni. Alla
necessità di disciplinare fenomeni aventi natura transnazionale,
come le comunicazioni, l'inquinamento ambientale o le multinazionali. Mi
riferisco ancora alla tendenza di affermazione universale di certi valori,
soprattutto nel campo dei diritti umani.
Sfuma del resto la tradizionale distinzione tra common e civil law,
per la importanza che il diritto di fonte legislativa finisce per conquistare
nei paesi di common law in parallelo allo sviluppo dei compiti degli stati
moderni, e per l'aumentata importanza, nei paesi di civil law, del ruolo
della Magistratura, cui viene affidato il controllo del potere politico,
ivi incluso quello legislativo.
Grazie alla possibilità di facile accesso alle fonti di documentazione
giuridica di tutti i paesi del Globo, realizzata grazie all'incredibile
sviluppo delle tecnologie delle comunicazioni e alla diffusione di Internet,
possiamo riscontrare come fondata sia l'opinione che tutte le Nazioni che
hanno raggiunto un certo grado di evoluzione economica avvertono gli stessi
problemi ed i medesimi bisogni.
Conoscere e valutare quali risposte alle esigenze comuni, i processi
giuridici ed istituzionali utilizzati, l'efficacia delle soluzioni non
è un esercizio teorico o culturale, ma consente di allargare la
prospettiva nazionale, superandola con un pizzico di disincanto critico.
Correlata a queste "aperture" è la decisione, mia e del direttivo
nazionale, di diffondere la Rassegna ben oltre la consueta spedizione agli
iscritti dell'ANF.
La Giustizia non è più un argomento per pochi addetti
ai lavori. Basti considerare quanto spazio e quanta attenzione vengono
dedicati dai media a questo tema e quanto interesse via presti la gente
comune. La centralità del dibattito sulla giustizia, insospettabile
sino a qualche anno fa, non ci meraviglia più di tanto, consapevoli
come siamo che dietro alla questione giustizia si combatta una vera e propria
battaglia sul contenuto della sovranità.
Ma, se è vero che la efficacia, e dunque la credibilità,
di una notizia passa per la sua capacità di modificare non solo
la conoscenza, ma anche le opinioni del persone cui è rivolta, non
possiamo non auspicarci e favorire, in un ambito più ampio possibile,
la diffusione dei valori e delle tendenze evolutive dell'Avvocatura. Non
è forse sotto gli occhi di tutti noi che le fonti delle notizie
spesso finiscono per provocare i comportamenti che apparentemente si limitano
a descrivere?
A questo punto starete certamente pensando che pecco di presunzione:
il fatto è che, senza mezzi termini, sono molto felice di dirigere
questa Rassegna. A parte la considerazione che porta bene, e lo testimonia
il fatto che i due direttori che mi hanno preceduto han lasciato l'incarico
per essere divenuti Presidenti di due prestigiosi Consigli dell'ordine,
trovo assai stimolante intraprendere, con la vostra collaborazione, un
viaggio capace di produrre un dialogo produttivo tra diritto nazionale
ed internazionale, ricorrendo a diverse aree disciplinari. Le categorie
giuridiche non sono immodificabili come se fossero categorie del mondo
reale, e i sistemi giuridici, complessi e difficili, vanno verificati nel
vissuto. Mi piacerebbe che noi avvocati sviluppassimo posizioni che ci
distinguano senza isolarci, potenziassimo le nostre opinioni senza rinunciare
a condividerle con altri.
Credo che una delle maggiori preoccupazioni di chi si occupa di stampa
sia quella di pubblicare articoli che possano essere, al momento della
diffusione, ormai inattuali. Troverete in apertura lo spunto di riflessione
sulla guerra che, sull'onda di quel che sta succedendo in Kosovo, Bruno
Di Pietro, con la sensibilità che gli è propria, ha ritenuto
di sottoporci.
Ed io non ho alcuna esitazione nell'augurarmi che possiate trovare
l'articolo, al di là del suo valore slegato alla contingenza, superato
da una ritrovata pace.
Palma Balsamo
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