GIUSTIZIA
AMMINISTRATIVA
di Giuseppe Caruso
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I mezzi di informazione parlano poco - e quando lo fanno,
quasi sempre senza esatta cognizione di causa (vedi da ultimo il caso Di
Bella) - della giustizia amministrativa, malgrado che quest’ultima sia
entrata nel patrimonio culturale dei cittadini, i quali hanno ormai consapevolezza
che avverso le determinazioni dell’autorità amministrativa esiste
la possibilità di ricorrere al T.A.R., anche se magari non sanno
bene cosa esso sia.
Peraltro il grande successo della riforma degli anni '70,
che hanno visto la nascita dei Tribunali Amministrativi Regionali,
sta progressivamente strangolando questi ultimi, che saranno presto
silenziosamente paralizzati dal numero dei giudizi pendenti se non si introdurranno
immediatamente correttivi per invertire l'at-tuale tendenza. I trecento
magistrati dell’organico dei T.A.R. pos-sono decidere ogni anno solo 35.000
dei 100.000 ricorsi presen-tati (uno su tre), sicché‚ si è
formato uno spaventoso arretrato di oltre 700.000 cause e di fatto le controversie
si definiscono attra-verso la cosiddetta “sospensiva”, cioè la decisione
- che avviene in tempi brevissimi e con la garanzia del giudizio collegiale
- sull’istanza cautelare avanzata nella maggior parte dei ricorsi.
Né‚ dati alla mano, il passaggio del pubblico impiego al giudice
ordinario (avvenuto, con modalità del tutto anomale, a partire dell’1
luglio u.s.) può rappresentare una risposta a questo pro-blema,
che rimane comunque gravissimo.
Non può d'altronde sottacersi che, nell'attuale
tendenza al rafforzamento della posizione degli esecutivi (sia centrale,
che locali) appare naturale il potenzia-mento, quale contrappeso istitu-zionale,
della giurisdizione ammi-nistrativa, in funzione di garanzia per i cittadini.
In tale ot-tica è urgente una completa e definitiva affermazione
di terzietà del giudice amministrativo, che sul punto risente ancora
oggi di spurie incrostazioni di origine storica. Non si
dimentichi che il Consiglio di Stato è nato quale Consigliere
del Principe ed ha finora mantenuto tale elettiva vocazione, teo-rizzando
addirittura la funzione di tutela preventiva dell’interesse pubblico che
sarebbe assicurata dal suo doppio ruolo di giudice e consulente dell’amministrazione.
Quanto meno in talune materie è inoltre necessario ed
im-pro-crastinabile trasformare il giudice amministrativo
da giudice
dell'interesse legittimo delle parti a giudice della
legalità del-l'azione amministrativa. Occorre al riguardo
limitare, per quanto possibile l'emergere dinanzi all'opinione
pubblica (che non può comprederle) di incresciose diversità
di posizione della giurisdi-zione amministrativa rispetto a quelle
penale e contabile (partico-larmente in materia di appalti e
forniture pubbliche), dovuta al diverso oggetto dei rispettivi giudizi.
E' per converso ineludibile la necessità di evitare la possibilità
che l'ordinamento contraddica se stesso, consentendo che la regola
di diritto amministrativo po-sta dai giudici penale e contabile a
fondamento delle loro deter-minazioni sia eventualmente diversa da
quella affermata dal giu-dice amministrativo, che di detto diritto
è in buona sostanza, in-sieme alla dottrina, il creatore.
Per questo dovrebbe introdursi, almeno nelle materie in cui l'interesse
generale assume asso-luta prevalenza, un elemento di "oggettivizzazione"
della giuri-sdizione amministrativa, attraverso la
istituzione presso i T.A.R. di un Pubblico Ministero, abilitato
a far valere in ogni tempo i motivi di illegittimità dell'operato
dell' amministrazione, anche se le parti private non li hanno dedotti in
giudi-zio. La decisione del giudice amministrativo potrebbe così
rappresentare, rimanendo salva la sua posizione di terzietà un sicuro
punto di riferimento oltre che per gli operatori anche per i giudici delle
altre giurisdizioni, in una prospettiva di doveroso coordinamento.
Purtroppo delle questioni sopra accennate non si parla al di
là di ristretta cerchia di operatori e, cosa ancora più
inspiegabile, sono in particolare gli avvocati a non far sentire la loro
voce, a differenza di quanto avviene in campo civile e penale. E’ invero
recente ed inedita l’iniziativa assunta dall’Organismo Unitario dell’ Avvocatura,
che ha organizzato insieme all’Associazione Nazio-nale Magistrati Amministrativi
un riuscito convegno su “La giusti-zia amministrativa: quali interventi
immediati in attesa della gran-de riforma”?, tenutosi a Catania il 3 e
4 aprile 98.
Nell’attesa di una riforma costituzionale che - sembra chiaro
- non verrà, il legislatore ordinario ha deciso di intervenire
in ma-teria di giustizia amministrativa, sottraendole la materia del pub-blico
impiego ed attribuendole nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva nel settore
dei servizi pubblici, estese alla pronunzia di risarcimento del “danno
ingiusto” eventualmente patito dal ricor-rente. Si fa riferimento al D.Lg.vo
n. 80/1988, che ha dato attua-zione alla delega conferita al Governo dall’art.
11, 4° comma, della legge n. 59/1997 (c.d. Bassanini I). Dette innovazioni
sono estremamente rilevanti, giacché, da un lato, riguardano il
cuore delle controversie storicamente devolute al giudice amministrativo
(il pubblico impiego rappresenta una parte significativa delle cau-se pendenti)
e, dall’altro, introducono la possibilità di condanna dell’amministrazione
al risarcimento del danno, cioè uno stru-mento operativo importantissimo,
di cui finora i T.A.R. ed il Consi-glio di Stato non hanno potuto disporre.
Si tratta di novità poten-zialmente dirompenti, tali da modificare
l’identità stessa del giudi-ce amministrativo oltre che il suo modo
di operare (id est: il pro-cesso). L’esperienza insegna tuttavia
che non sempre (e non completamente) le potenzialità si traducono
in realtà. Basti pensa-re all’insignificante impatto sullo svolgimento
dei processi che ha in passato avuto l’estensione da parte della Corte
costituzionale dei mezzi di prova a disposizione del lavoratore pubblico
nel pro-cesso amministrativo; estensione sostanzialmente rimasta lettera
morta nella prassi (in primo luogo per mancanza di richieste delle stesse
parti che avrebbero dovuto averne interesse).
Sotto altro aspetto è in corso l’iter di approvazione
del dise-gno di legge governativo recante “Disposizioni in materia di giu-stizia
amministrativa” (A.S. n. 2934), giunto in Senato alle soglie dell’approvazione
da parte dell’aula. Al riguardo deve vedersi con sostanziale favore la
generalizzazione della possibilità per il colle-gio giudicante di
decidere nel merito “con motivazione in forma abbreviata”, in sede di trattazione
delle domande cautelari, se-condo il modello già vigente per le
controversie relative alle ag-giudicazioni di appalti pubblici. Desta invece
perplessità l’enucleazione di un’estesa serie di controversie “privilegiate”
(anche in questo caso secondo il modello già vigente per gli ap-palti)
nei tempi di trattazione, atteso il rischio di denegare giustizia nei rimanenti
casi (che dovrebbero di necessità rinviarsi alle ca-lende greche).
Quanto agli aspetti organizzativi, deve sottolinearsi la necessità
di un rafforzamento degli organici dei T.A.R. e di mo-difiche nella composizione
del Consiglio di Presidenza ben più pregnanti di quelle proposte
dal Governo, data l’assoluta anoma-lia che connota il vertice istituzionale
della magistratura ammini-strativa, che è caratterizzato ancora
oggi da un assetto para - ge-rarchico sconosciuto alle altre magistrature
(i 100 Consiglieri di Stato possono contare su 7 componenti, mentre i 300
Magistrati T.A.R. ne eleggono soltanto 6) e tanto scarsamente consapevole
dei livelli professionali ai quali è pervenuto, nell’unanime
conside-razione degli operatori del settore, il giudice amministrativo
di 1° grado, da risultare per esso offensivo e del tutto inaccettabile.
Va poi rilevato che i sempre più difficili e delicati compiti attribuiti
ai magistrati amministrativi - che si presentano in prospettiva, se-condo
una felice intuizione del sen. Pellegrino, come “i giudici della complessità”
interattiva tra pubblici poteri e mercati - impon-gono il mantenimento
degli attuali alti livelli di professionalità e di specializzazione.
La speranza è su questi temi anche i più diretti
interessati, gli avvocati, dicano la loro e che il Parlamento tenga conto
delle ragioni da tutti prospettategli, definendo in tempi brevi un provve-dimento
che consenta ai giudici amministrativi di operare più effi-cacemente,
nell’interesse dei cittadini.
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