PROSPETTIVE DELLA GIURISDIZIONE

Di Antonio Leonardi

Nel dibattito sul tema della crisi della giustizia italiana è stata introdotta di recente, e ripetutamente reiterata in diverse occasioni, da parte dei magistrati una nuova categoria interpretativa che afferma che la giurisdizione costituisce una risorsa limitata,  anzi si preferisce usare il termine “scarsa”, per motivare la scelta di politiche deflattive del carico ed il sostegno crescente della magistratura associata alla proliferazione di giudici che si continua impropriamente a chiamare onorari.-
La concezione, riferita alla giustizia, di una risorsa limitata, che ove si tenga conto allo scarto costante tra bisogni e organizzazione dei servizi potrebbe essere riferito a molti comparti della pubblica amministrazione, in realtà  mira essenzialmente a difendere la scelta di considerare  immutabile il numero dei magistrati togati, nella consapevolezza della impossibilità con l’organico tabellare di offrire un accettabile servizio ai cittadini.-
Non è un caso che la concezione richiamata sia poi accompagnata, proprio a copertura delle possibili obiezioni, da una rinnovata attenzione ai profili organizzativi e manageriali volti a massimizzare l’efficienza dei giudici ordinari, che si manifesta tra l’altro nell’investimento ideologico che una parte della magistratura associata compie sull’attuazione del giudice unico e sulla monocraticità .-
Capita sovente di ascoltare magistrati autorevoli che forniscono un indice delle materie nelle quali l’impiego del magistrato professionale costituirebbe uno spreco e che ribadiscono la tradizionale obiezione sulle inadempienze della politica in ordine ai mezzi da fornire alla giustizia e sul ritardo nella riforma delle circoscrizioni giudiziarie.-
Come accade spesso con le indicazioni che provengono dalla magistratura, per il ruolo che ha assunto nel nostro paese, nel breve volgere di pochi anni sono stati adottati numerosi interventi legislativi volti essenzialmente a realizzare talune delle precondizioni per la restrizione dell’area di intervento della magistratura togata, con provvedimenti ordinari e straordinari soprattutto in direzione della costituzione di un gruppo assai disomogeneo ma ormai numericamente rilevante di magistrati “onorari”.
Confusamente comincia ad intravedersi l’abbozzo di un circuito giurisdizionale misto, che prevede – allo stato - la sostituzione in una fase del giudizio, e  per talune materie, di giudici paraprofessionali ai giudici ordinari ed una sostanziale modifica del reticolo giudiziario con una concentrazione dei giudici ordinari nelle aree di maggiore sviluppo urbano. Contemporaneamente si continuano ad introdurre, senza alcun reale coordinamento,  modifiche nell’ordinamento giudiziario, spostamenti di giurisdizione e competenza, modifiche dei procedimenti, mentre aleggia il mito delle forme alternative di risoluzione dei conflitti mutuato.-
Si tratta di un fenomeno complesso al quale l’avvocatura ha opposto una resistenza anche aspra, come per l’introduzione del giudice di pace e per il continuo mutare di regole essenziali nel processo penale, ovvero ai limiti della “disobbedienza civile” come nel caso della nomina dei giudici onorari, senza tuttavia riuscire a bloccare il processo di mutamento dell’organizzazione della giurisdizione in corso.-
Si può osservare come, in presenza di un grande dibattito sulla giustizia che ha investito i più alti livelli istituzionali con l’esperienza della Commissione parlamentare bicamerale e viene costantemente rilanciato dai media, in realtà non si rinviene un approfondimento generale, sulle prospettive della giurisdizione, all’interno delle singole categorie e manca del tutto un confronto che superi la soglia propagandistica degli appelli all’unità e  quella polemica dell’addossarsi reciprocamente le responsabilità della crisi del settore tra avvocati e magistrati.-
 I temi di riflessione non mancano.- Essi investono questioni di rilevanza generale che riguardano la funzione dei sistemi penali e  della pena, l’indebolimento del monopolio statale della giustizia ed il risorgere di giustizie private, l’equilibrio tra i poteri e le forme di controllo dell’eccesso di potere in campo giudiziario soltanto per richiamarne alcuni, sui quali il ritardo rispetto agli stessi processi che si producono nella realtà è davvero grande.- Si potrà ben dire che in fasi economiche, sociali ed istituzionali di transizione è assai difficile organizzare sincronicamente una ricostruzione dei processi ed una proposizione di modelli adeguati, in particolare nel delicatissimo settore della giustizia, ma non ci si può davvero sottrarre al compito di una riflessione che trascenda il mero dato apparentemente tecnico ovvero una visione particolaristica e minimale dei problemi, in genere inquinata dalla logica dell’emergenza.-
Di seguito verranno indicati tre temi, tra i tanti, al fine di ipotizzare una problematica agenda di confronto, senza naturalmente alcuna pretesa di completezza.-

1 – L’estensione del diritto di accesso alla giustizia, alla luce del precetto costituzionale, ha costituito uno degli elementi fondanti delle politiche giudiziarie perseguite da una parte rilevante della magistratura e dall’avvocatura nel suo complesso negli anni successivi all’approvazione della carta costituzionale. La concezione di una giustizia disponibile ad occuparsi di ogni diritto violato, vicina ai cittadini ed azionabile per  talune materie senza spese, ha caratterizzato la stagione della crescita del giudiziario ed è stata anche alla base della prospettazione teorica del potere giudiziario come di un potere diffuso, che è in sé riferibile ad ogni giudice e che motiva le particolari guarentigie delle quali viene la magistratura risulta destinataria. In questa visione, recepita dalla costituzione, tutti i cittadini hanno un giudice che è eguale per tutti.-
La politica di selezione delle posizioni tutelabili e di costituzione di giudici diversi, ai quali attribuire il conflitto, rovescia sostanzialmente il paradigma costituzionale, ed introduce un primo delicatissimo problema riguardante i criteri di ripartizione della competenza. La recente esperienza dell’attribuzione di talune competenze al giudice di pace  per materia rappresenta con sufficiente emblematicità la rottura potenziale che può operarsi sul sistema dell’accesso con riferimento alla costituzione del giudice.- Se infatti, in linea di principio, si ritiene che sia consentita la costituzione di giudici tra di loro sostanzialmente diversi con riferimento ai quali è nella disponibilità del potere legislativo di operare una specifica attribuzione di competenza per materia, anche penale, ne discende in primo luogo una differenziazione nell’accesso, che frantuma sotto diversi profili i criteri di eguaglianza. Conflitti di eguale contenuto economico verranno ad avere  giudici diversi, regimi diversi, anche in ordine ai costi, a seconda che il legislatore li destini all’uno o all’altro organo giudicante, diversamente costituito e diffuso nel territorio e con un diverso sistema di impugnazioni, secondo una discrezionalità politica che non sembra una volta accettato il principio, conoscere confini. Ove si consideri che il sistema può combinarsi con la interposizione di filtri variamente congegnati e che si discute in ordine alla “deflazione” delle impugnazioni, può facilmente dedursi quale sia il pericolo che si profila all’orizzonte in una società nella quale le parti più deboli sembrano destinate ad un deficit di rappresentanza politica, che si ripercuoterà immediatamente sulla soglia delle tutele e sull’accesso alla giustizia.- La scelta di “chi giudica chi” non è tecnica, ma investe una dei temi più importanti delle politiche giudiziarie, in ogni tempo.-

2 Si continua ancora a parlare per l’inerzia delle definizioni tradizionali che dissimulano i profondi mutamenti della realtà, di giudici onorari.- Per la verità il giudice onorario è in fase di estinzione. I giudici di pace non possono essere definiti giudici onorari, così come non lo sono certamente i giudici aggregati delle sezioni stralcio ed in prospettiva anche altre figure simili. Si tratta di giudici che hanno uno status economico, precisi vincoli organizzativi, svolgono un’attività professionale molto impegnativa, regolata da norme di incompatibilità su base territoriale. Si è creata in questi anni una duplice figura di giudice, l’una delle quali destinataria di tutte le previsioni dell’ordinamento in termini di garanzie ma anche di oneri formativi e di professionalità e con una responsabilità disciplinare corrispondente, l’altra destinataria di una garanzia fortemente attenuata non soltanto in termini di autonomia ed indipendenza, ma anche di controllo disciplinare. Non è facile immaginare come possano convivere, superato il primo momento, due gruppi di giudici di estensione numerica pari se non più favorevole ai giudici paraprofessionali, all’interno dello stesso ordinamento, dominato quanto all’autogoverno ed all’organizzazione degli uffici dai giudici professionali. Nell’esperienza dei giudici di pace è dato di avvertire di già delle tensioni nei confronti della magistratura ordinaria, che saranno destinate a crescere con il funzionamento delle sezioni stralcio e successivamente con l’introduzione delle nuove figure. Ciò è tanto vero che il Governo ha predisposto una proposta che prevede la costituzione di consigli regionali per la giustizia che dovrebbero svolgere funzioni di governo delle magistrature paraprofessionali, autonomamente dal CSM. Se verrà mantenuta l’attuale opzione di possono ipotizzare due distinti percorsi per il futuro, o la creazione di due circuiti giudiziari tra di loro autonomi salvo la saldatura al vertice per eventuali questioni di legittimità, oppure la modifica dell’ordinamento giudiziario sia sotto il profilo dell’accesso che dell’autogoverno con forme di riequilibrio a favore dei paraprofessionali. Soltanto di recente e molto timidamente all’interno dell’associazione dei magistrati si è aperto una preliminare riflessione sulle potenzialità di rottura ordinamentale che discende dalla presenza dei giudici paraprofessionale.- Ma anche per gli avvocati la comparsa improvvisa di giudici a garanzie deboli,  sollecitata a gran voce dalla magistratura, impone che non ci si può fermare alla diffidenza per l’affievolirsi delle garanzie di terzietà e per l’abbassamento dei livelli di professionalità.-
Valutare fino a che punto occorre manifestare un’opposizione di principio alla introduzione delle nuove figure di giudici e definire un quadro di scelte che riporti all’interno del ceto forense la base esclusiva di reclutamento dei giudici paraprofessionali e che individui concretamente i limiti accettabili e le forme organizzative di un eventuale circuito giudiziario gestito dall’avvocatura può costituire non soltanto un banco di prova essenziale della funzione che gli avvocati possono assumere in una nuova concezione della giurisdizione, ma anche una competizione di rilevante valore politico-istituzionale per rompere il monopolio che i giudici ordinari hanno in materia di giustizia--
                  
       
3 Già da qualche tempo il legislatore ha scelto di operare la modifica della rete territoriale dei presidi giudiziari con misure indirette, ed addirittura con atti amministrativi.- Muove in questa direzione anche la introduzione del giudice unico di primo grado, che unificando pretura e tribunale concentra ( ma ciò era di già in parte avvenuto ) le sedi giudiziarie di base, salvo la possibilità di operare in sedi distaccate,  ed accentra presso le Corti di appello tutti gli appelli, ciò che assume un particolare rilievo soprattutto per la giustizia del lavoro, che opera su di una mole rilevante di controversie accresciute a seguito del trasferimento del contenzioso dei pubblici dipendenti.- A ciò si aggiunga che il Governo si appresta a ricevere la delega per la definizione di una nuova struttura delle sedi giudiziarie di primo grado per le più grandi aree metropolitane del paese, su cui si sa molto poco.-
      L’idea che sembra sottesa a queste decisioni è di concepire una struttura        territoriale della giustizia che preveda nelle periferie la presenza diffusa dei giudici di pace, arricchiti quanto a funzioni dalla competenza penale, per concentrare nelle aree di insediamento urbano più consistente gli organi giudiziari ordinari. Al di là di qualche indicazione sulle disuguaglianza di carico e della resistenza che oppongono i giudici, pubblici funzionari,  a spostarsi in sedi che non siano “appetibili”, non è stato presentato un modello serio di distribuzione del servizio giudiziario nel suo complesso e si procede, talvolta utilizzando anche strumentalmente le resistenze a rinunciare ai presidi giudiziari tradizionali da parte dell’utenza, con  provvedimenti indiretti e tortuosi.  In un tempo nel quale le reti informatiche modificano sostanzialmente le tradizionali gerarchie territoriali, rendendo possibile l’accesso all’informazione, alla pubblica amministrazione, alle attività commerciali ed ai servizi da qualsiasi punto del territorio, ed operando in modo profondamente innovativo anche col telelavoro, la giustizia sembra destinata ad un corposo accentramento territoriale che opera ancora  una volta sull’accesso, e costruisce una vera e propria strozzatura di gravissima portata presso le corti.- Il tema della riorganizzazione  del servizio deve riguardare congiuntamente il luogo ed il modo di rendere giustizia in un paese che faticosamente si modernizza.
In molte occasioni viene mossa agli avvocati l’obiezione di una pretesa carenza propositiva nelle posizioni che esprimono, cui forse potrebbe ritenersi non sfuggano le presenti note, le quali in realtà intendono soltanto sollecitare l’apertura di un dibattito, che deve necessariamente trarre le mosse dai valori di riferimento.- L’antinomia tra una concezione astratta e selettiva dell’efficienza, che sancisce anche nelle tutele una differenziazione sociale tra un’area centrale forte ed un’estesa area circostante debole tipica del modello americano, ed il principio di  eguaglianza, la tendenza ad una giustizia informale che comprime il diritto di difesa ed ampia la discrezionalità del giudice, l’uso del sistema penale in funzione di contenimento del conflitto sociale, la concezione dei sistemi di controllo dell’abuso di potere giudiziario ed in ultima analisi la funzione della giurisdizione nella allocazione delle risorse e nella tutela delle libertà, costituiscono l’orizzonte necessario delle scelte che si vanno compiendo e vanno all’interno delle stesse disvelate e dibattute con serietà e rigore.-