Di Pietro: questo governo fa troppo poco. Si deve andare in prigione dopo l'appello 

da Il Corriere della sera del 17.10.99

ROMA - Si alza in piedi e agguanta il microfono come fosse una clava. Poi si concentra: confessa che vuole «azzeccare» il discorso senza farsi prendere troppo dall'emozione. Ma alla fine Antonio Di Pietro dilaga come un fiume in piena. Gli altri leader dell'Asinello, i sindaci di Roma e di Catania, Rutelli e Bianco, si limitano a interventi brevi, contenuti. Lui invece domina per oltre un'ora il palco del cinema Etoile: «Ci vuole certezza della pena: i condannati devono andare in galera dopo il secondo grado di giudizio». E ancora: «Ci sono troppi poliziotti autisti, lottiamo contro la burocrazia che soffoca le forze dell'ordine e i tribunali». 
È il «Security-day» dei Democratici, alternativo a quello del Polo. Si parla di giustizia e l'ex simbolo di Mani pulite, sente il dovere di dire tutto ciò che pensa su polizia, magistratura, immigrati, processi, Gip e Gup, la tragedia del Cermis. 
Ma anche sugli alleati della maggioranza e sul presidente del Consiglio: «Noi facciamo parte del centro-sinistra, ma per svegliarlo dobbiamo prenderlo per il bavero. Che cosa fa per la sicurezza? Finora troppo poco. Non perdiamo tempo a scrivere letterine che cominciano con "Caro Francesco" o "Caro Massimo". Se Cossiga vuole proprio fare la commissione si interroghi allo specchio. Lui è persona informata dei fatti. E se si vuole indagare sul Kgb, si faccia la stessa cosa con la Cia: anche quelli non erano certo mammolette». 
La requisitoria-show di Tonino comincia alle 11.30. E all'inizio spiazza tutti: «Noi siamo per la concretezza: se Alleanza nazionale raccoglie firme per una cosa giusta, perché negare il nostro apporto?». Lo dice senza sentirsi in contraddizione con Francesco Rutelli, che pochi minuti prima se l'era presa proprio con An, «partito che predica la tolleranza zero e poi crea un comitato per non pagare le multe». Spiega che il suo sarà un discorso «dipietrizzato». E si sente subito, quando spiega che l'obiettivo è combattere contro lo «sbracamento» della giustizia. Battaglia che si vince, secondo Di Pietro, arginando la «delegittimazione delle forze dell'ordine e dei giudici». Gli immigrati? Per l'ex pm è «fisiologico che alcuni fra loro delinquano». Ma non si possono associare i criminali ai clandestini: «La maggior parte di loro sono disperati». La ricetta è la stessa indicata da Rutelli e Bianco: espulsione per chi non è in regola, maggiore integrazione per tutti gli altri. 
Ma è sui problemi della giustizia che Di Pietro si scatena. La popolazione carceraria è in aumento? Riformiamo la legge Simeone (che prevede misure alternative alla detenzione) e la Gozzini (che contempla le misure alternative) e, se serve, «costruiamo nuove prigioni». Ancora: «Ci sono troppi poliziotti autisti, mandiamoli per le strade». 
Ma soprattutto: «Stabiliamo che si vada in prigione dopo l'appello, senza attendere il giudizio della Cassazione». E qui si apre la querelle sulla burocrazia che blocca i processi: «Facciamo valere i verbali come prove, non obblighiamo gli agenti a testimoniare in quindici in tribunale». Se poi «si beccano i ladri in flagranza di reato vanno processati subito, per direttissima». 
L'intervento spazia anche su altri temi. Quello del Cermis: «Perché è ferma la leggina che potrebbe consentire il pronto risarcimento delle famiglie vittime della tragedia?» Oppure quello delle privatizzazioni: «Bisogna proteggere i piccoli azionisti di fronte a chi comanda con il cinque per cento del pacchetto azionario». Fino a qualche battuta sulla «sua» Mani pulite: «Qualcuno dice che è troppo obbligare i signori dello scandalo Enimont ai servizi sociali. Si tratta invece di una riparazione accettabilissima». 
Di Pietro è il più duro con la maggioranza: «Evitiamo che lo sbracamento dell'alleanza porti alla democristianizzazione». Ma anche Enzo Bianco ha qualcosa di preciso da rimproverare al governo: «Che fine hanno fatto i 500 miliardi della Finanziaria per il pacchetto-sicurezza? Non se n'è più parlato. Ma oggi noi ne chiediamo almeno mille». E, insieme a Francesco Rutelli, difende il questore di Milano Finazzo. Denuncia il sindaco di Roma: «Berlusconi non può prendere a male parole un servitore dello Stato che cerca di risolvere i problemi senza proclami: è una vergogna». 
Roberto Zuccolini,