Lotta al crimine, le prime regole europee

da Il Messaggero del 17.10.99

di ROMANO DAPAS 
TAMPERE (Finlandia) — Nessuna sorpresa, i premier europei hanno dato via libera alla creazione di uno "spazio di libertà, giustizia e sicurezza". Ma sarebbe errato ritenere che questo ambizioso traguardo possa essere raggiunto facilmente e in tempi brevi. Si è visto ieri, durante la fase conclusiva e piuttosto tormentata del vertice, che i rappresentanti dell'Unione hanno sensibilità ed esigenze diverse in materia di immigrazione, diritto d'asilo e persino di cooperazione giudiziaria. Occorreranno anni (e forse non basterà neppure la scadenza del 2005 indicata dal Trattato di Amsterdam) perché l'Europa compia quel salto di qualità che le opinioni pubbliche sollecitano con forza, e talvolta quasi con disperazione, per bloccare la spirale della criminalità organizzata e porre degli argini all'immigrazione clandestina. Certo, dal capoluogo finlandese di Tampere parte un «forte messaggio politico» per riaffermare l'importanza di questo obiettivo. Ed è sincero l'impegno dei "Quindici" a mettere i problemi della sicurezza e della giustizia al primo posto della loro agenda e a mantenerveli fino a quando saranno risolti. Ma nessuno si illude. A cominciare da Romano Prodi, cui il Consiglio europeo ha affidato il compito di tradurre in proposte concrete le loro idee. «Costruiremo un mosaico pezzo dopo pezzo — ha annunciato il presidente della Commissione europea — tenendo conto delle posizioni di ciascuno e ben sapendo che questi processi sono naturalmente lenti». Non meno esplicito è stato Jacques Chirac a proposito dei tempi: «Bisogna diffidare dei calendari quando sono troppo impegnativi e soprattutto quando non sono necessari».

Beninteso, questo non significa che l'Europa batte in ritirata. Più semplicemente, i capi di Stato e di governo della Ue si sono resi conto che l'accordo unanime sulla necessità di armonizzare le procedure giudiziarie e di creare nuovi strumenti di lotta alla criminalità non comporta di per sè il superamento delle specificità nazionali. Due episodi di ieri, che interessano l'Italia, sono emblematici degli ostacoli che si frappongono all'affermazione di un autentico spirito comunitario. Il primo riguardava la proposta caldeggiata da Massimo D'Alema e Lamberto Dini di istituire un fondo di 250 milioni di euro (circa 500 miliardi di lire) per «integrare le iniziative nazionali concernenti l'accoglienza dei richiedenti asilo, degli sfollati e dei profughi». Su iniziativa di Gerhard Schroeder, la proposta è finita nel cestino. Il Cancelliere tedesco ha spiegato così la sua opposizione: «Poiché l'80 per cento delle persone che si rifugiano in Italia non restano nella Penisola, non si capisce per quale motivo a beneficiare del fondo d'assistenza dovrebbero essere i Paesi di prima accoglienza». L'altro esempio riguardava la proposta, sempre italiana, di convocare nel 2000 una Conferenza europea sullo sviluppo e la sicurezza nell'area adriatico-jonica. Presieduto dal finlandese Paavo Lipponen, il vertice si è limitato ad esprimere "apprezzamento" per l'iniziativa, definita «un valido apporto nell'ambito del patto di stabilità per l'Europa sud-orientale» ed ha accettato di parteciparvi solo dopo un forcing in piena regola da parte della nostra delegazione. Compiaciuto per il risultato, D'Alema ha potuto assicurare che «la Ue coopererà» e che la Conferenza «non sarà solo un'iniziativa italiana».

Pur con qualche zona d'ombra, l'accordo di principio raggiunto ieri costituisce un passo avanti per la costruzione europea. «Giustizia e criminalità non dovranno essere più i parenti poveri dell'Unione» ha detto Chirac. «Siamo di fronte ad un banco di prova per la nostra civiltà» gli ha fatto eco D'Alema. 
Di sicuro, il rischio che Tampere fosse un Consiglio europeo "repressivo" è stato evitato. Il "decalogo" contenuto nel documento finale prevede norme comuni sull'immigrazione e sull'asilo; parità di trattamento per i cittadini dei paesi terzi con programmi di lotta al razzismo e alla xenofobia; gestione dei flussi migratori col potenziamento dei controlli alle frontiere e sanzioni; migliore accesso per tutti alla giustizia; mutuo riconoscimento delle sentenze civili e penali; maggiore convergenza in materia di diritti civili; lotta alla criminalità organizzata con particolare riguardo alla criminalità giovanile, urbana e legata al traffico di droga; cooperazione giudiziaria e di polizia contro la criminalità transfrontaliera; misure legislative per contrastare il riciclaggio del denaro sporco con la possibilità di obbligare gli istituti di credito a levare il segreto bancario.