Dalla Cassazione più tutela
al fallito sulle caparre
da Il Sole 24 ore del 18.11.99 (NOSTRO SERVIZIO)
L’importante principio è stato affermato dalle sezioni unite civili della Cassazione nelle trenta pagine della sentenza 755/99 (di prossima pubblicazione su «Guida al Diritto») che ha composto, secondo questo indirizzo, il contrasto sorto nell’ambito delle sezioni semplici. La questione riguardava l’interpretazione dell’articolo 72 della legge fallimentare e gli effetti che essa produce. La norma prevede, tra l’altro, che il curatore del fallimento, in caso di vendita non ancora eseguita, possa subentrare nel contratto ovvero sciogliersi dal rapporto. Il quesito si traduce, quindi, nello stabilire se dopo lo scioglimento del preliminare — conseguente alla volontà manifestata dalla curatela del fallimento — la fonte del credito restitutorio per le prestazioni pecuniarie eseguite dal fallito sia la volontà espressa dal curatore o il contratto preliminare. Facendo chiarezza sull’argomento — dopo che in Cassazione si erano formati orientamenti contrastanti — le sezioni unite hanno scelto la seconda soluzione. Per i supremi giudici, infatti, lo scioglimento determina «la caducazione delle obbligazioni nascenti dal contratto e, quindi, facendo venir meno la causa di esse, qualifica come indebite quelle attribuzioni ma non ne modifica il fatto genetico, che resta il contratto nell’ambito del quale esse, prima del fallimento, furono eseguite». Possibile quindi compensare i soldi della caparra con un "contro-credito" dell’altro contraente, sorto anche questo prima della dichiarazione di fallimento. Remo Bresciani
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