Calvi:
risposta illusoria, rischiamo di tornare indietro di dieci anni
da Il Corriere della sera del 19.3.99
C. B., , , ,
MILANO - Guido Calvi è senatore diessino, è stato avvocato
di Massimo D'Alema, ma è
soprattutto e innanzitutto un professore universitario cresciuto alla
scuola del «diritto penale minimo» e delle «garanzie».
E per questo, quando da Roma il telefono annuncia nella sala convegni di
Palazzo Marino che il «pacchetto giustizia» ha avuto il «la»
del Consiglio dei ministri nelle forme e nei contenuti anticipati nei giorni
scorsi, ha un sussulto.
Dieci anni per uno scippo.
«Eh».
Sospensione condizionale della pena e disapplicazione della legge
Simeone.
«Eh».
Non sembra entusiasta.
«Questi provvedimenti sono una semplificazione illusoria e radicale
di un problema che merita ben altro approccio. Soprattutto che merita,
a questo punto, un'approfondita discussione parlamentare.Che credo ci sarà».
La sinistra predica da tempo la teoria del «diritto penale minimo».
Alla luce di questo
pacchetto sembra il contrario.
«La sinistra è tuttora convinta che un paese moderno debba
avere un diritto penale minimo, con la depenalizzazione di molti reati
inutili e la previsione di nuove fattispecie - penso al doping o all'associazione
criminale transnazionale - figlie del nostro tempo».
Insisto. Non le sembra che dieci anni per uno scippo vadano in direzione
opposta a quel che
sta dicendo?
«Penso che sia una risposta illusoria. La storia del diritto
e delle pene a partire dai tempi di Beccaria ci ha insegnato che all'inasprimento
delle pene non corrisponde una diminuzione dei reati».
Dunque non concorda.
«Sì, non sono d'accordo. Penso infatti che il problema
non sia l'entità della pena, ma la sua effettività.Il problema
non è quanti anni di carcere debba scontare uno scippatore, ma che
venga individuato e che sconti effettivamente, in tempi brevi e con tutte
le garanzie previste dal nostro ordinamento la pena».
Il centro-destra sostiene che dopo anni di «permissivismo demagogico
oggi la sinistra è
costretta a correre ai ripari.
«Questo è uno sciocchezzaio di cui non vale neppure la
pena discutere. Ma che tuttavia deve mettere la sinistra in guardia da
un rischio effettivo. Rincorrendo la destra demagogica sul suo terreno
si rischia di dare risposte inadeguate che contraddicono la nostra storia
e decenni di conquiste democratiche. Senza per questo dare risposte giustamente
pretese dalla gente, corriamo il rischio di ritornare culturalmente indietro
di dieci anni».
Si riferisce al fatto che il pacchetto prevede che per la durata di
tre mesi la polizia può
autonomamente svolgere indagini senza dover informare la magistratura?
«Anche. Ma non vorrei essere frainteso. Nessuno evidentemente
dubita del grado di affidabilità e democrazia delle forze dell'ordine.
Ma la polizia giudiziaria alle dipendenze del magistrato era stata una
conquista di progresso. E' una garanzia importante dell'attuale ordinamento.
Ripeto, anche qui, si rischia di dare risposte illusorie».
E quali sarebbero allora le risposte «adeguate»?
«In funzione dell'effettività della pena, di cui prima
parlavo, e dunque dell'eliminazione dei rischi di recidiva, io credo che
si debba intervenire sulla lunghezza dei processi e non sul diritto penale
sostanziale».
In che modo? Riducendo i gradi di giudizio?
«Niente affatto. I tre gradi di giudizio sono una garanzia
irrinunciabile, come dimostrano molti casi giudiziari concreti. Quello
che si può e deve fare è eliminare tutte quelle garanzie
formali di cui il nostro processo è appesantito e che hanno esclusivamente
una funzione dilatoria. Allora sì che, ferme restando le garanzie,
sarà possibile avere processi rapidi. Che è poi quello che
chiede la gente. Una giustizia che arriva dieci anni dopo non è
una giustizia, anche se commina pene altissime».
Resta però il problema da affrontare. Il 90 per cen to dei cosiddetti
reati minori resta impunito. Se il problema non sono le pene, sono forse
allora i magistrati?
«Difendo e difenderò i magistrati. Qui si dimentica che
la magistratura italiana, negli ultimi vent'anni, ha dovuto fronteggiare
l'assalto della criminalità organizzata, del terrorismo, della criminalità
economico-politica, della microcriminalità. Sfido chiunque ad ottenere
contemporaneamente, su tutti questi fronti, risultati decisivi e definitivi.
Ripeto problemi di questa portata richiedono tempo e riflessione. E penso
proprio che questo pacchetto giustizia alla discussione non sfuggirà.
Per il bene di tutti».
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