Prima riunione del pool di esperti
chiamato a redigere le norme attuative della depenalizzazione
da Il Sole 24 ore del 19.10.99 ROMA — Per le violazioni fiscali meno reati e più sanzioni amministrative. Entro Natale il Governo avrà sul tavolo lo schema di riforma del diritto penale tributario ovvero della cosiddetta "manette agli evasori", la legge del 1982 che regola — con scarsa efficacia — la materia. Ieri il ministero delle Finanze ha tenuto a battesimo la speciale commissione incaricata, grazie a un decreto appena firmato dai ministri delle Finanze Vincenzo Visco e della Giustizia Oliviero Diliberto, di preparare lo schema del decreto legislativo di attuazione della legge 205/99: ovvero il provvedimento delega del giugno di quest’anno sulla depenalizzazione dei reati minori che dà al Governo otto mesi (scadenza marzo 2000) per mandare in porto la parte tributaria (articolo 9) in ossequio ai criteri direttivi dettati dal Parlamento. «Consegneremo il lavoro entro metà dicembre. La data fissata sarebbe il 15 novembre ma penso che sarà impossibile rispettarla», ammette Bruno Tinti, il Procuratore aggiunto torinese che della commissione è il coordinatore. Il lavoro si annuncia complesso soprattutto per la genericità di alcune delle indicazioni fornite dalle Camere, dopo un iter travagliato e pieno di colpi di scena. E per un paio di punti — la cosiddetta pregiudiziale tributaria e le omesse fatturazioni — che sono stati molto criticati proprio dal magistrato torinese (ma non solo). Nonostante le perplessità su una delega che, secondo Tinti, avrebbe potuto essere formulata in modo migliore, la scelta delle Finanze è stata di totale continuità con la precedente commissione che aveva l’incarico di preparare uno schema di legge delega per la riforma della "manette agli evasori" (la n. 516 del 1982). Così, sia il presidente che la maggior parte dei componenti dell’attuale organismo sono stati scelti tra coloro che hanno fatto parte della vecchia commissione. «Faremo del nostro meglio — dice Tinti — per dare attuazione a quella che è la volontà del legislatore». Insomma, nonostante i punti critici della disciplina, il coordinatore dei lavori annuncia: «Cercheremo di attuare la delega facendo meno danni possibile sul piano del funzionamento della giustizia». Due gli obiettivi da non perdere di vista: «Da un lato dobbiamo consentire al processo penale tributario di funzionare. Dall’altro dobbiamo sfoltire il più possibile il numero dei reati». Il punto più critico è quello relativo alla fissazione di un limite di evasione al di sotto del quale il reato non scatta e subentra una sanzione amministrativa. La legge attualmente in vigore è da tempo accusata di aver ingolfato i Tribunali con milioni di processi per violazioni di poco conto che permettono però ai grandi evasori di farla franca, grazie alla prescrizione determinata dai tempi elefantiaci imposti alla giustizia da una massa di processi insignificanti. E tuttavia la delega (articolo 9, lettera c, numero 1) vuole un tetto che fa riferimento all’entità dell’evasione. La soglia di punibilità, hanno osservato molti commentatori, comporterà la necessità di accertare la quantità dell’evasione: dunque il giudice penale, ovviamente attraverso un perito, dovrà calcolare l’imposta dovuta, esaminando la complessa situazione dei redditi del contribuente sotto processo. Di solito si tratta di un’attività che tiene impegnati gli uffici finanziari per qualche anno. Il rischio è che questi tempi rallentino il processo penale tributario fino a farlo naufragare. «Comunque lo si affronti — afferma Tinti — è un problema
di difficile soluzione. Ci sarà un inevitabile appesantimento che
dovremo scontare». Ancora più delicata sarà la fase
di fissazione del tetto di evasione "tollerabile" dal sistema senza far
ricorso alla sanzione penale. Intanto, è l’opinione condivisa da
tutti i componenti della commissione, lo sfoltimento deve essere ampio,
altrimenti non si produrrà l’atteso effetto di decongestionamento
di Procure e Tribunali (necessario tra l’altro all’entrata in vigore del
giudice unico). Oggi, va ricordato, i processi tributari rappresentano
dal 20 al 30% del totale delle pendenze penali. Per arrivare però
a un tetto condiviso, sottolinea Tinti, sarà prima necessario un
lavoro di tipo statistico: capire, cioè, come sono suddivisi, da
un punto di vista quantitativo, gli accertamenti fiscali e i loro esiti.
Il secondo punto critico riguarda invece le omesse fatturazioni. Secondo la versione della legge non entrerebbero tra i casi da punire con sanzione penale. Ma si tratta di un’omissione che è stata in qualche modo rimediata dall’approvazione di un ordine del giorno, da parte della Camera, che impegna il Governo a prenderle in considerazione. Che valore avrà, però, tale ordine del giorno per la commissione? «Verrà certamente tenuto presente», risponde Tinti. «Ma se esiste un contrasto tra la legge e l’ordine del giorno non può che prevalere la prima. Se invece ci sono spazi per l’interpretazione interviene l’ordine del giorno». Roberta Miraglia
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