Sul risarcimento delle liti fiscali tocca al giudice civile decidere 

da Il Sole 24 ore del 19.10.99

(NOSTRO SERVIZIO)
ROMA — Spetta al giudice ordinario e non alle commissioni tributarie stabilire se è fondata la richiesta del risarcimento del danno da parte del cittadino per il comportamento illecito della pubblica amministrazione. Questo tipo di lite, infatti, non è affidato dalla normativa sul contenzioso (articolo 2 del decreto legislativo 546/92) ai giudici tributari. È così che si pronuncia la Cassazione, con la sentenza 722/99 delle Sezioni unite, la quale ha risolto una vertenza che vedeva contrapposti l’amministrazione finanziaria e un avvocato milanese, Nicola Sculco, in merito alla richiesta di risarcimento avanzata per un pignoramento a seguito di una cartella esattoriale, in base a una pretesa poi ritirata dallo stesso Fisco.

Il professionista, che vantava un credito d’imposta, si era visto presentare un accertamento per il mancato pagamento dell’acconto. L’avvocato aveva sostenuto davanti all’amministrazione la correttezza del proprio comportamento, ma la procedura della riscossione era andata avanti, fino ad arrivare al sequestro di alcuni arredi dello studio. Solo dopo diffide agli organi dell’amministrazione finanziaria, da quelli periferici al ministero, il contribuente ha ottenuto lo sgravio totale. Ma a quel punto l’interessato ha chiesto il risarcimento dei danni, vedendo prima respinta la sua richiesta da parte del tribunale, con la motivazione che la controversia spetta alle commissioni tributarie, e perciò condannato al pagamento delle spese. La Corte di appello invece ha accettato la tesi del professionista, ma gli ha lasciato buona parte delle spese a carico. La questione è stata così rimessa alla Cassazione, dove l’amministrazione ha riproposto la questione dell’incompetenza del giudice ordinario, dando origine alla pronuncia a Sezioni unite.

«Questa riproposizione della questione della competenza deriva da un atteggiamento dell’amministrazione che conta sul fatto che ci sono costi in un processo che il cittadino comune non può normalmente sostenere — afferma l’avvocato Sculco — che è poi lo stesso motivo per il quale ho fatto causa per il risarcimento del danno. Cosa avrebbe fatto un comune cittadino in queste condizioni? Non avrebbe certo richiesto il risarcimento. Però ogni tanto qualcuno deve porre la questione del comportamento del Fisco, che procede spesso a occhi chiusi. Più che la questione di competenza sarà interessante vedere come le sezioni semplici della Corte risolveranno le questioni più strettamente legate al merito della vicenda».

La sentenza della Corte riprende un orientamento già affermato da alcune recenti pronunce. Ancora la sentenza 500/99 delle Sezioni unite, che ha suscitato un notevole interesse (si veda «Il Sole-24 Ore» del 23 luglio), aveva infatti ricordato come la recente giurisprudenza si è orientata ad ammettere, anche dopo la pronuncia del giudice amministrativo, la possibilità da parte del cittadino di far valere davanti al giudice ordinario la sua richiesta di risarcimento del danno. Siccome anche l’azione dell’amministrazione finanziaria, «deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche della norma primaria del neminem laedere» (tra le altre: Cassazione, Sezioni unite, sentenza 5477/95), al giudice ordinario spetta il potere di accertare se l’attività dell’amministrazione ha comportato la violazione di un diritto soggettivo.

An.Cr.