Bruti
Liberati: ma i processi non si fanno nell'arena politica
da Il Corriere della sera dell'1.5.99
Francesco Alberti,
MILANO - «Ergastolo per Andreotti?». Una lunga pausa, dall'altra
parte della cornetta. Poi, quasi a volersi scusare: «Non sapevo niente,
è tutto il giorno che sono chiuso in casa a lavorare». Edmondo
Bruti Liberati, sostituto procuratore generale di Milano, esponente di
Magistratura democratica, fatica a nascondere un moto di sorpresa. Una
sorpresa che aumenta al sentire la raffica di commenti - per la maggior
parte al vetriolo - rovesciata da quasi tutto il mondo politico nei confronti
dei pubblici ministeri del processo di Perugia.
Toni forti, a tratti anche irridenti. Che inevitabilmente riaprono
le ferite - forse mai chiuse - del rapporto tra politica e magistratura.
«Sia chiaro - scandisce Bruti Liberati - è del tutto lecito,
a volte addirittura costruttivo, criticare l'impianto accusatorio dei pubblici
ministeri. A patto però di non dimenticare mai che i processi si
fanno nelle aule di giustizia, non nell'arena politica».
Misura le parole il sostituto procuratore generale, pone paletti: «Non
voglio assolutamente esprimere alcuna valutazione nel merito del processo,
poiché si tratta di un procedimento di straordinaria delicatezza».
Ma che il coro di commenti proveniente dal Palazzo non gli sia affatto
piaciuto, è evidente: «In questi casi, la cosa più
sbagliata è leggere l'avvenimento giudiziario unicamente attraverso
la lente dell'opportunità politica». È perfettamente
consapevole, Bruti Liberati, del terribile impatto che eventi come questo
possono avere sulla sfera politica, sulla sua già minata credibilità.
Ma il problema, dice, è separare i due piani. «Spesso gli
accertamenti della giustizia cadono in un momento politicamente inopportuno.
Ma il problema è che i magistrati devono cercare la verità,
anche quando è inopportuna».
Ma è al nome di Francesco Cossiga - che ieri ha gridato tutta
la sua «indignazione» contro le richieste dei pm, difendendo
su tutta la linea Andreotti con il quale spesso in passato si è
trovato ai ferri corti - che il tono di Bruti Liberati si fa duro. «Le
opinioni del presidente Cossiga in materia di giustizia non credo meritino
alcun commento». Lapidario. Inequivocabile.
Proprio l'ex Picconatore, nella sua fluviale «arringa»
in difesa di Andreotti, ha minuziosamente elencato i meriti e la statura
politica dell'«eterno Giulio». Ma per Bruti Liberati argomentazioni
di questo genere sono fuori luogo: «È indubbio che il personaggio
Andreotti si sia ritagliato un ruolo nella storia del dopoguerra di questo
Paese. Ha tanti sostenitori e tanti critici. Ma qui il discorso è
penale: se fossero raggiunte le prove di un suo coinvolgimento nell'omicidio
Pecorelli, la giustizia dovrà fare il suo corso e, data la gravità
del caso, non potranno che essere inflitte le massime pene».
Ma Bruti Liberati che opinione si è fatto di Andreotti, processo
a parte? «È un personaggio dalle tante facce. Vi sono aspetti
di lui - come l'appoggio a Sindona, tanto per citarne uno - che gettano
un fascio di ombra, per non dire di più...». Giulio la Sfinge:
ieri in tribunale nel mirino dei pm, tre giorni fa in tv da Vespa a parlare
di Padre Pio. Cose che disorientano. «Forse, ma lasciamo in pace
Padre Pio e aspettiamo il giudizio della Corte d'assise».
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