Nelle
Spa per i professionisti resta il nodo dei soci di capitale
da Il Sole 24 ore del 3.5.99
(DAL NOSTRO INVIATO)
SORRENTO — «Mi sembra che sia cessato il fuoco di sbarramento
e che sulla riforma delle professioni si sia aperto il confronto su modalità
e contenuti. Prima le società venivano demonizzate in quanto impresa,
ora si discute su come farle». Giacinto Militello, responsabile del
Settore libere professioni per i Democratici di sinistra (ed ex commissario
Antitrust), annunciando due incontri del vertice del suo partito con gli
Ordini e le associazioni, fissati rispettivamente per il 7 e il 15 maggio,
ha voluto dare un messaggio tranquillizzante. Parlando alla platea dei
consulenti del lavoro, riuniti a Sorrento per l’ultima giornata del loro
congresso, ha assicurato: «La riforma sarà fatta coinvolgendo
i professionisti. Non ci saranno imposizioni».
«È una falsa disponibilità», ha ribattuto
Maria Grazia Siliquini, senatrice di Alleanza nazionale. «Si tratta
di buonismo tardivo e di maniera». La prova? Secondo Siliquini è
nella catena di tentativi di introdurre, senza un aperto confronto in Parlamento,
le società di capitali in cui i professionisti sarebbero schiacciati
dai soci finanziatori. Questi, infatti, portatori della logica del profitto
e di potenziali conflitti di interesse, metterebbero a rischio il rapporto
fiduciario con il cliente. L’elenco dei tentativi va dal regolamento interministeriale
sulle società previste dall’articolo 24 della legge 266/97, che
è stato abbandonato dopo le censure del Consiglio di Stato, all’emendamento
stralcio per affidare al Governo una delega per disciplinare l’esercizio
in forma collettiva delle professioni. Il provvedimento, inserito nel Ddl
Bersani sulle attività produttive, è stato poi ritirato perché
dichiarato improponibile dal presidente del Senato Nicola Mancino, grazie
alla mobilitazione di An e anche dei Popolari.
Nell’atto di accusa mosso al Governo di centro-sinistra non mancano
il presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, il segretario della Cgil,
Sergio Cofferati, la Fita (la Federazione delle imprese del terziario avanzato
aderente a Confindustria) tacciati di giudicare gli Ordini «corporazioni
medioevali». «La conclusione — secondo Siliquini — è
che dietro le manovre del Governo e la volontà di aprire alle società
di capitali ci sono gli interessi economici delle imprese e dei sindacati».
Un’interpretazione che la platea di consulenti del lavoro ha accompagnato
con applausi.
Ai professionisti continua a suonare come una bestemmia l’equiparazione
alle imprese, sia pure limitata alla sfera della normativa europea sulla
concorrenza. «L’attività professionale è altra cosa»,
ha ribadito Giancarlo Laurini, vicepresidente del Cup, il Comitato che
riunisce Ordini e Collegi.
È l’assimilazione alle imprese la linea di separazione tra gli
Ordini e parte della Sinistra. Peraltro, su altri punti, al di là
delle diffidenze reciproche sulle rispettive volontà, le posizioni
sono meno distanti. «Per fare innovazione — ha riconosciuto Militello
— vi sono alcuni problemi: primo fra tutti lo strumento per la riforma.
Quindi, c’è la questione delle tariffe e il divieto di pubblicità,
che secondo me andrebbero aboliti. Sulle società discutiamo: in
caso di soci di solo capitale io sono favorevole a regole durissime per
evitare conflitti di interesse e per evitare che i finanziatori prevarichino
i professionisti».
Nel clima incandescente della tavola rotonda conclusiva del congresso,
è arrivata anche una buona notizia per i consulenti del lavoro:
i Popolari non voteranno l’emendamento sui Ced al collegato fiscale se
non si troverà una mediazione con i consulenti del lavoro. Secondo
Salvatore Piccolo, Ppi e componente della commissione Finanze della Camera,
occorre trovare una formulazione che non stravolga la legge 12/79 istitutiva
dell’Ordine.
È stata Gabriella Perini, presidente dei Consulenti, a chiudere
i il congresso. Con una promessa: quella di creare 800mila nuovi occupati,
uno per ogni impresa-cliente. A condizione che il Governo mantenga gli
impegni su semplificazione e flessibilità.
Maria Carla De Cesari
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