La Consulta salva i criteri di calcolo della vecchia indennità d’occupazione 

da Il Sole 24 ore del 3.5.99

ROMA — Sono costituzionalmente legittimi i criteri di calcolo dell’indennità spettante a chi si è visto occupare un terreno, per motivi di pubblica utilità, prima del 30 settembre ’96. In base a questi criteri, il risarcimento viene calcolato come se si trattasse di un’indennità di espropriazione e secondo la Consulta questa sostanziale equiparazione non contrasta con i principi costituzionali a tutela dell’uguaglianza tra i cittadini e del diritto di proprietà.
Con la sentenza n. 148, scritta dal giudice Riccardo Chieppa, i giudici costituzionali hanno perciò respinto i dubbi che erano stati sollevati da diversi magistrati su una norma del ’92 (facente parte dei provvedimenti varati quell’anno per il risanamento e la razionalizzazione della finanza pubblica) secondo cui, in caso di «occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilità» — avvenute prima della suddetta data — si applicano, per la liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell’indennità di esproprio di suoli edificatori (semisomma tra valore di mercato e reddito catastale rivalutato, decurtata del 40%), con esclusione della riduzione del 40 per cento.
La norma impugnata prevede, poi, che l’importo del risarcimento sia aumentato del 10% e che quanto da essa disposto si applichi anche ai procedimenti in corso non definiti con sentenza passata in giudicato.
Di qui la conclusione secondo cui è «ragionevole» la previsione contenuta nell’articolo 5 bis, comma 7 bis, del decreto legge n. 333 del ’92 convertito, con modificazioni, nella legge n. 359 dello stesso anno, e introdotto dall’articolo 3, comma 65, della legge n. 662 del ’96.
E’ «ragionevole», insomma, la riduzione imposta dalla norma denunciata, essendosi realizzato un equilibrato componimento dei contrapposti interessi in gioco, con l’eliminazione dell’ingiustificata coincidenza dell’entità dell’indennizzo per l’illecito della pubblica amministrazione con quello relativo al caso di legittima procedura ablatoria. Componimento che spinge a non considerare lesi, come fatto valere dai giudici di rinvio, nè il principio di uguaglianza nè le norme che tutelano la proprietà privata.